«Il segreto degli allenamenti di Federer? Sta dentro Federer…». Dalibor Sirola è uno dei preparatori più stimati dell’Atp Tour. Ha lavorato con giocatori del calibro di Ivan Ljubicic, Andreas Seppi, Milos Raonic, nell’ambiente si sussurra che in futuro potrebbe entrare nello staff del Genio di Basilea, che al momento comprende Ivan Ljubicic, il capitano di Coppa Davis svizzero Severin Luthi, il preparatore fisico Pierre Paganini e, dal 2014, il fisioterapista Daniel Troxler. «Premetto», spiega il tecnico croato, «che con Pierre Paganini ho parlato cinque o sei volte in questi anni. In realtà non fanno cose tanto diverse rispetto agli altri tennisti di alto livello, ma io metto Roger nella stessa categoria di Michael Jordan o Diego Armando Maradona: atleti straordinari, unici, nati per lo sport che fanno». La grande risorsa di Federer durante una carriera pro iniziata nel 1998, accanto al talento assoluto, è stato un fisico apparentemente immune dai problemi fisici che assilla la maggior parte dei suoi colleghi. A impressionare in questo di 2017 è la condizione che il campione ha recuperato a 35 anni suonati – ne compirà 36 l’8 agosto – dopo sei mesi di stop per il doppio infortunio al ginocchio, il primo vero problema incontrato in tanti anni di trionfi.
«Tutti si stupiscono di come Roger appaia in forma alla sua età, ma io non sono così sorpreso. Se lo si osserva in partita, e ancora di più in allenamento, un occhio esperto nota che la sua grande qualità è di essere totalmente decontratto. A tutti i livelli, non solo fra gli atleti di vertice, quando si deve sopportare uno stress mentale il corpo si irrigidisce. E’ un po’ come tirare il freno a mano e poi accelerare in autostrada: l’automobile per un po’ va anche avanti, ma poi fatalmente si blocca. In Roger invece lo stress non si trasmette al fisico. Ed è una qualità che non ho visto né in Nadal, né in Djokovic, né in Murray. Anche perché quando lo vedi allenarsi non vedi il fuoriclasse che si prepara: vedi la scioltezza di un bambino felice di giocare a tennis».
Con l’età Federer ha imparato a gestirsi sempre meglio – non a caso dopo il doppio trionfo di Indian Wells e Miami ha annunciato che tornerà in campo solo al Roland Garros – ma è stato lo stesso Paganini a sottolineare la capacità innata del fenomeno di ‘ascoltarsi’, e capire quando è il momento di giocare e quando è meglio fermarsi. Non a caso ‘prevenzione’ è uno dei termini che Paganini usa più volentieri, in maniera quasi maniacale. «Se Roger è stato in grado di disputare tanti tornei», ha raccontato qualche tempo fa al New York Times, «è perché sa essere molto concentrato quando conta, ma anche rilassarsi quando deve rilassarsi. Non spreca energie inutili. Per un tennista è fondamentale saper fare le cose giuste al momento giusto e Roger in questo è molto bravo». Anche il fisico quasi alieno di SuperRog, ovviamente ha punti deboli, ad esempio la regione lombare; la differenza rispetto ad altri è che non è solo un grande atleta, ma anche un perfetto collaudatore di se stesso. «Sente benissimo come funziona il suo corpo, tante volte ci avverte in anticipo di un problema. Quando iniziai a seguirlo tanti anni fa gli proposi un test fisico molto complesso, e lì mi accorsi che possedeva una coordinazione perfetta, dalla testa ai piedi: avrebbe potuto essere un ottimo giavellottista ma anche un pallavolista, un cestista o uno sciatore, perché possiede un equilibrio perfetto. Ma quello che mi impressionò è che alla fine dell’esercizio mi spiegò perché glielo avevo fatto fare. Roger non solo sa solo cosa fare, ma anche perché. Non è uno che consuma, è uno che crea. Da giovane era un artista che voleva creare arte. Ora è un artista che sa esattamente cosa fare per esprimere tutto il suo virtuosismo».
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