Molinari: «Il meglio deve ancora arrivare»

I 500 mila euro che si è messo in tasca domenica scorsa a Monza, quando ha vinto per la seconda volta gli Open d’Italia di Golf, non ha ancora deciso come spenderli. «Be’, poi fra tasse e altre cose non saranno proprio 500 mila…», scherza esibendo il suo solito understatement. «Magari ci scappa qualche regalo ai bambini, ma niente di particolare». Molinari è l’uomo dei record del golf italiano, il tesoretto di uno sport che continua a puntare su di lui mentre i ricambi tanto attesi stentano ad arrivare – ma non certo un tipo facile agli eccessi.

E’ stato il primo italiano, in coppia con il fratello Edoardo, a vincere una Coppa nel mondo (nel 2009 in Cina), il secondo a prendersi per due volte l’Open di casa (2006 e 2016) dopo Ugo Grappasonni (1950 e 1954), ma il primo da quando esiste il PGA Tour europeo. Come Costantino Rocca ha vinto con l’Europa due Ryder Cup, e ora lo incalza anche per numero di vittorie da pro (4 tornei, come Manassero, contro 5). Difficile però vederlo cedere alle emozioni, piangere per una sconfitta o scalmanarsi per una vittoria. L’eccezione che conferma la regola è stata l’esultanza dopo la vittoria di domenica, strappata in rimonta, con il cuore che faceva bum bum ad ogni buca, muscoli e nervi ormai in riserva. «Lo so: in gara non sorrido mai. A qualcuno non piace, ma io sono fatto così, per dare il meglio devo essere concentrato. Non mi piace troppo la luce dei riflettori, anche se capisco che fa parte del mestiere. Mi considero un lavoratore e anche se qualcuno preferirebbe che fossi più ‘personaggio’ io non vedo il motivo di cambiare. Anche perché sono convinto che i miei risultati ne soffrirebbero».

Trentaquattro anni il prossimo 8 ottobre, torinese ma tifosissimo dell’Inter (mentre il fratello Edoardo tifa Juventus) e del West Ham – perché vive a Londra e per ‘colpa’ di Gianfranco Zola – laureato in Economia aziendale, se non avesse contratto il morbo del golf frequentando il green insieme ai genitori si sarebbe dedicato «a fare qualcosa nel campo del marketing». Fortunatamente per l’Italia ha scelto di impugnare il bastone invece di sedersi dietro la scrivania e da dodici anni è con costanza il migliore dei nostri. Nel Tour europeo ha conquistato 4 titoli, oltre ai 2 Open d’Italia il Wgc-Hsbc Championship nel 2010 e l’Open di Spagna nel 2012.

Quattro anni e mezzo all’asciutto non sono stati facili da digerire; nel ranking era arrivato al n.14, ora è scivolato fino al 43, ma Chicco non si è mai perso d’animo. Piuttosto che accontentarsi di vivacchiare nel circuito europeo ha preferito rimettersi in discussione andando a giocare negli States, dove la concorrenza è più ampia, profonda e per sopravvivere bisogna tirare fuori la grinta. E magari inventarsi anche qualche colpo come quello sparato all’Open da in mezzo agli alberi. Il ‘vecchio’ Molinari non ci avrebbe nemmeno pensato, il nuovo Chicco ha lasciato libero il braccio e l’estro.

«Dalla buca 13 in poi ho avuto sempre paura, ho sbagliato colpi che di solito non sbaglio mai, ma alla fine questa vittoria è stata più bella di quella di 10 anni fa. E più difficile, ottenuta contro un campione come Willett». Uno che a fine mese giocherà la Ryder Cup, che invece Chicco guarderà da casa. «Colpa mia, dovevo svegliarmi prima», dice senza cercare scuse o farsi sconti. L’esperienza negli States lo ha arricchito tecnicamente, specie nel gioco corto che è il suo tallone d’Achille, «ora voglio continuare così, vincere altri tornei e risalire nel ranking, credo che il meglio della mia carriera debba ancora arrivare. Il golf è fatto così, non ci si può fare nulla, ci sono momenti in cui non ottieni risultati, poi ti sblocchi. Spero che presto ritorni a vincere anche Matteo Manassero e che giovani come Paratore e Bertasio si facciano avanti».

Il resto è vita tranquilla, rilassata, tempo da spendere con la moglie Valentina e i figli Tommaso ed Emma dalle parti di Stanford Bridge, nel lato più tranquillo della flemmatica e insieme incandescente Londra. «Io di sicuro apprezzo più la prima», sorride. «Qui ho trovato un posto molto adatto alle famiglie, dove posso vivere serenamente, una bella dimensione». Le trasgressioni sono una cena di pesce e poi la passione per lo sport, tutto lo sport, che Francesco segue da vero competente. «A vedere il Chelsea, a due passi da casa, però ci sarà stato due volte in sette anni», minimizza. «Al di là del golf i miei campioni preferiti sono Valentino Rossi, che è interista come me, e Ronaldo, il campione più rappresentativo dell’epoca in cui ho iniziato a tifare. E poi Alberto Tomba, perché da piccoli sia io sia Edoardo andavamo sempre a sciare». La Bomba e il Chicco. Comunque un concentrato di classe.

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