Yoghi Berra, il Groucho Marx dello sport

Yogi-Berra
«Yogi, come arrivo a casa tua?». «Quando trovi un bivio, imboccalo». Rispondeva così Peter Lawrence Berra, detto Yogi, forse il più grande ricevitore della storia del baseball, figlio di due emigranti italiani, idolo dei New York Yankees (con cui ha giocato dal 1946 al 1963, chiudendo nel ’65 con i Mets) e di una nazione intera che se ne è andato l’ultima notte d’estate, a 90 anni, nella sua casa del New Jersey. Uno che aveva partecipato al D-Day e giocato con Joe Di Maggio, senza essergli inferiore – 13 titoli, 18 volte all star, la sua maglia n.8 ritirata dagli Yankees – e poi era diventato manager, coach e icona assoluta di almeno tre generazioni di americani. Catcher favoloso, buon battitore, battutista sublime: il Groucho Marx dello sport. Il soprannome glielo diede il suo amico Bobby Hofman, guardandolo mentre sedeva a gambe intrecciate prima di entrare nel box: «Ehi, sembri uno di quei santoni indiani». Perfetto. La sua religione era il paradosso, il nonsenso leggero ma sapienziale, da acchiappare al volo. Il più famoso, citato ovunque: «It ain’t over till it’s over», non è finita fino a che non è finita. E poi: «puoi osservare un sacco di cose solo guardando», «oggi fa tardi molto presto» (durante una partita che si metteva male), «nessuno va più in quel posto, è troppo affollato» (il Ruggeri’s di St.Louis), «tagliami la pizza in quattro parti, non ho abbastanza fame per mangiarne sei». Verità assurdamente ineccepibili sullo sport («il baseball è al 90% una questione mentale, l’altra metà è fisico») e sulla vita («se non sapete dove andare potreste ritrovarvi facilmente in un altro posto»). Considerazioni pragmatiche («se la gente non vuol venire allo stadio, nessuno può fermarla») e aforismi da presocratico («se il mondo fosse perfetto, non esisterebbe»). Predicava che «bisogna andare ai funerali degli altri, altrimenti gli altri non verranno al tuo», e che ormai «il futuro non è più quello di un tempo». Di sicuro con Yogi, come avrebbe detto lui, «ci siamo diverti tanto insieme, anche se non eravamo insieme».

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