Ha aspettato, ha sofferto, ha sopportato. Si è preparato. Si è asciugato di ogni dubbio, si è depurato di ogni tossina. Ha sempre saputo che questo era il luogo. Ha aspettato che arrivasse il tempo.Nessuno, forse, credeva che Roger Federer a quasi 34 anni avrebbe potuto giocare ancora almeno una volta come Roger Federer. Nessuno tranne Roger Federer (da La Stampa).
E’ successo nel suo giardino, il Centre Court di Wimbledon, dove ha vinto 7 volte, e nel vederlo anche l’anima dei più scettici è rabbrividita di piacere. Specie dopo quel colpo che ha scosso l’erica abbarbicata da quasi un secolo sulla Club House, quel passante di rovescio di puro polso, in controbalzo, cavato fuori dal nulla per deflettere come uno specchio magico il siluro di dritto sparato da Andy Murray a colpo sicuro. Un gesto che non sta nei libri, una parata che insieme è una stoccata. Anatomicamente una follia, oltre che – statisticamente – il punto dello 0-30, servizio Murray, nell’ultimo game della semifinale che Federer ha vinto in tre set (7-5 7-5 6-4) e poco più di due ore, guadagnandosi il diritto a giocare domani la sua decima finale a Wimbledon, contro Novak Djokovic, il n.1 del mondo, nella rivincita dello scorso anno.
«Statisticamente è anomalo quello che sta facendo Roger», ha tweettato a bocca aperta Andy Roddick, uno che pure a Wimbledon dal Federer degli anni migliori ha rimediato sconfitte meravigliosamente atroci. Non è anomalo: è unico, probabilmente irripetibile. A 33 anni 11 mesi papà Federer, il n.2 del mondo, è il più anziano finalista di Wimbledon dopo Ken Rosewall (39 anni e 8 mesi) che però ci riuscì nel ’74, ere geologiche fa. Anche il miglior Federer sembrava consegnato al passato, ma ieri ha infilato un gettone verde nella macchina del tempo e ne è uscito per confezionare la sua miglior partita degli ultimi 2-3 anni. Al servizio, soprattutto: 20 ace, una sola palla break concessa (nel primo game del match), 84 per cento di punti con il primo servizio. Ma anche nella solidità (56 vincenti 11 errori), nella continuità alla risposta, nelle soluzioni di alcuni scambi così tesi e belli da far tremare i nervi. Tre break chirurgici piazzati alla fine di ciascun set, quando Andy ha tentennato un po’ – una partita meravigliosa. E perfetta. Se ne è reso conto anche il pubblico del Centre Court, che per due ore ha tifato, ha incoraggiato e tenuto appeso al match il suo local hero Murray mentre si accortocciava sulle prime palle inesorabili, sui dritti devastanti e le carezze a rete del fenomeno – salvando anche 5 set point in un game durato 17 punti e 20 minuti – poi si è rassegnato, si è sciolto per il suo vecchio amore.
«E’ stata una delle migliori partite della mia vita», ha detto Andy. «Non so però se nessuno ha mai giocato bene come Federer alla sua età. Forse Agassi, forse Connors, o Serena Williams. Atleti rari». Facili da amare, difficili da spiegare. «Ma io ho sempre saputo perché continuo a giocare», dice Roger. «C’entra la felicità che vedo nei volti delle gente dopo che ho vinto un match, persino nel Royal Box, nell’applauso che mi ha accompagnato fin dentro gli spogliatoi». Non importa cosa succederà domani. Questo Federer è per sempre.
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