Lo chiamano Doctor Ivo, e almeno in una materia Ivo Karlovic è un’autorità indiscussa: come confezionare un ace (da Il Corriere dello Spor). Durante il match di primo turno del Qatar Open, il “250” Atp che si sta disputando a Doha, il gigante croato (207 centimetri) ha infatti infiocchettato il suo “asso” numero 9000 della carriera, oltrepassando una soglia che nella storia Open del tennis solo altri due giocatori hanno raggiunto. Il primo è un croato come lui, il grande Goran Ivanisevic, che per ora detiene il record in carriera con 10.183, il secondo Andy Roddick, il bombardiere del Nebraska, ritiratosi due anni fa, che con i suoi 9074 è ormai – letteralmente – a tiro di Karlovic. Il pivot di Zagabria in realtà potrebbe raggiungerlo nel giro di un paio di match visto che è già arrivato a 9,041 e la sua media a partita – la più alta fra i primi 10 “acemen” della storia – è di 18,6. «Ora sono nel club», ha scherzato lunedì a Doha il molto simpatico Karlovic, 35enne appassionato di rap (ha anche inciso un disco), sposato con una giamaicana, oggi n. 27 del mondo dopo essere stato anche n.14 nel 2008. «Diventare il numero 1 di sempre in questa categoria è sicuramente uno dei miei obiettivi – ha promesso sornione – e magari ci riuscirò entro quest’anno…». Il traguardo è in effetti realistico, visto che nel corso del 2014 di ace – così si definisce in gergo il punto ottenuto direttamente con il servizio senza che l’avversario tocchi la palla – ne ha deliberati ben 1185 (ma nel 2007 furono addirittura 1318). Essere croati evidentemente aiuta a servire bene – ce ne sono ben 3 fra i top-10 dello speciale ranking (Ivan Ljubicic è 6°) – come pure essere mancini, di nuovo 3 su 10 (Ivanisevic, Rusedski e Feliciano Lopez) e soprattutto alti, considerato che la media dei grandi cannonieri è di 192,8 centimetri. I più “bassi” fra i top-10 sono, guarda caso, Pete Sampras (5°) e Roger Federer (4°) che arrivano a 185. «Per un campione il servizio è l’arma numero 1 dalla notte dei tempi tennistici», spiega Luca Bottazzi, ex-pro oggi commentatore per Sky ed Eurosport, studioso e storico del gioco (a febbraio per Guerini Next uscirà il suo “Il Codice del tennis”). «Si dice che Bill Tilden, il fuoriclasse americano degli anni ’20, con una racchetta di legno servisse a 161 miglia all’ora (circa 260 Km/h: il record ufficioso oggi appartiene all’australiano Sam Groth con 263, ndr). Infatti già nel 1921, per limitare lo strapotere dei servizi-ciclone di campioni come Gerald Paterson o Maurice McLoughtlin, la Cometa della California, fu introdotto il fallo di piede». Nel corso dei decenni, anzi dei secoli, la tecnica del servizio si è evoluta soprattutto in funzione di attrezzi, superfici e fisici, anche se l’altezza rimane un fattore determinante. «Un gigante come Karlovic dispone di una “finestra” sulla rete molto grande, e quindi è facilitato», spiega Bottazzi. «Ma non bisogna pensare che si tratti di pura potenza: Ivo è anche bravo a nascondere la direzione dei suoi bolidi, altrimenti i grandi ribattitori come Djokovic, Murray, Nadal o Ferrer con i loro riflessi potrebbero intercettarli. Poi le racchette di oggi consentono rotazioni e angolazioni impensabili con il legno, e le superfici restituiscono rimbalzi più alti. Abbiamo appena visto John Isner “lobbare” Genie Bouchard alla Hopman Cup con il rimbalzo del suo servizio: un tempo sarebbe stato impossibile». Periodicamente il servizio finisce sotto accusa, oggi ad esempio si parla di limitarlo ad una sola palla. «Una sciocchezza – sostiene Bottazzi – meglio allora alzare la rete:alle origini di Wimbledon era alta 1 metro e 45 centimetri (oggi è 91 cm, ndr). Basterebbe leggere qualche libro, la soluzione è già lì». Chissà se Doctor Ivo sarebbe d’accordo.
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