«Se morirò correndo la maratona di New York, okay, non avrò rimpianti. Almeno avrò capito se potevo permetterne un’altra oppure no». (da il Corriere dello Sport ) Margaret Hagerty ha 91 anni ed è una dei 34 ultraottantenni che domani saranno al via sul ponte di Verrazzano (diretta tv su Rai Sport 1 dalle 15 alle 17,50 e su Eurosport dalle 15,30 alle 18). Ha già corso 80 maratone, ed è la più anziana ad averne completata una sul ciascun continente, Antartide compreso, meritandosi un posto nel Guinness dei primati. L’anno scorso, tanto per dire, ha gareggiato sulla mezza distanza sul Kilimangiaro. Al New York Times ha detto che questa gara, il suo debutto nella Big Apple, sarà “the last one”, l’ultima della sua vita. Ma aveva detto la stessa cosa nel 2010. Il grande fondo, insomma, è anche un paese per vecchi.
Margaret stavolta non sarà la “runner” più anziana: la batte di quattro anni Joe Mendes, che lunedì prossimo, il giorno dopo aver corso la sua tredicesima maratona di New York, compirà 94 anni. Joe ha pilotato un bombardiere durante la Seconda Guerra Mondiale e in Corea, poi si è dato agli investimenti. Da giovane fumava come un turco, oggi è un salutista. La sua prima maratona l’ha corsa a 57 anni, per mantenersi in forma mangia pesce e verdura, ogni giorno corre 8 chilometri – 4 prima di pranzo, 4 dopo – e si allena con un personal trainer due volte alla settimana. L’anno scorso dovette ritirarsi dopo poco più di dodici chilometri: non ce la faceva più, ma ebbe il buon senso di capirlo. «I miei figli, i miei nipoti e i miei prononipoti qualche settimana fa sono venuti da me e mi hanno detto che non erano affatto contenti che mi fossi iscritto anche quest’anno», ha confessato. «Ho risposto che se non mi sentirò bene mi fermerò. Ho sempre vissuto all’aria aperta, da quando ero un boy scout a quando sono entrato nei Marines, mi faccio visitare regolarmente e so come correre una maratona: perché non dovrei farlo?». Già, perché. Del resto Faujia Sing, il sickh del Punjab che detiene il record come più anziano maratoneta del mondo, di anni ne ha addirittura 103, e nel 2011 ha completato la gara di Toronto in poco più di 8 ore e 11 minuti. Corre – anzi, passeggia – con il turbante, ha un barbone da guru, quattro figli, tredici nipoti e vive a Ilford, a est di Londra. Da ultravoantenne ha corso più di otto maratone, compresa quella di New York. Quando gli hanno chiesto il suo segreto ha risposto che «stare a casa mi uccideva. Gli anziani in Gran Bretagna fanno una vita sedentaria e hanno una dieta piena di grassi. Io invece mi tengo in salute con il curry».
Gli atleti “master”, i super-anziani che non hanno nessuna intenzione di mettersi in pantofole davanti alla tv sono sempre di più. Dieci anni fa gli iscritti alla maratona più famosa del mondo con più di 80 anni erano appena 4, una rarità, casi da studiare. Oggi sono una categoria in espansione. «Se hai quell’età e riesci a correre così a lungo, be’ complimenti», ha spiegato sempre al New York Times Davinder Jassal, un cardiologo canadese che da anni studia gli effetti dello stress fisico prolungato sul cuore degli anziani. «Io mi preoccupo di più dei “guerrieri del weekend” anche molto più giovani ma molto meno in forma». Nel 2013 gli ultraottantenni che tagliarono sani e salvi al traguardo a Manhattan furono 22. Ma a volte il day after può essere fatale anche a chi ha la stoffa dell’highlander. L’anno scorso la più anziana ad arrivare fino a Central Park fu Joy Johnson, anni 86, che completò così la maratona newyorchese per la quinta volta, con un tempo di tutto riguardo, considerata l’anagrafe: 7 ore e 57 minuti. A meno di dieci chilometri dalla fine però inciampò e cadde, battendo la testa. «Non è niente, solo un graffio», disse dopo il traguardo per tranquillizzare i medici, poi andò a coricarsi in hotel per un riposino, e non si svegliò più. Alzi la mano chi non vorrebbe arrivare così alla fine della corsa che chiamiamo vita.
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