«Sara Errani and Roberta Vinci, Wimbledon ladies doubles champions». A sentirla detta così, in inglese, dallo steward sorridente e un filo mummificato che accompagna i giocatori nella gelida sala stampa di Wimbledon, è una frase che fa davvero venire i brividi. E non per una questione di temperatura. (da Il Corriere dello Sport). Nessun italiano prima delle due Cichis aveva mai vinto niente di grande in 128 edizioni dei Championships (121 quelle femminili), le uniche nostre gioie dal 1877 in poi fino a ieri erano state le coppe dei piccoli vinte da Diego Nargiso nel 1987 e da Gianluigi Quinzi l’anno scorso. L’unica finale in doppio, quella di Pietrangeli e Sirola nel 1956.
Adesso, grazie a Sarita e Robertina che ieri in 57 minuti facili ma leggendari si sono liberate per 6-1 6-3 di Timea Babos e Kristina Mladenovic, un pezzetto del Tempio è anche nostro. Era l’unico Slam che mancava alla loro collezione, e così la miglior coppia italiana della storia ieri ha raggiunto anche un altro traguardo straordinario («inimmaginabile, pauroso» per usare le parole della Errani), cioè il Grande Slam di doppio in carriera. Prima di loro nella storia c’erano riuscito solo 5 coppie «Ma il significato di quello che abbiamo fatto lo capirò forse alla fine della carriera», dice Robertina. «Io invece lo so benissimo», le sorride Sara. Dopo la vittoria, sotto il tetto che riparava il Centre Court dalla pioggerellina londinese si sono stese, rotolate sull’erba. Non è stato il match più difficile della loro carriera, probabilmente il più importante «Sì, perché significa il Grande Slam», spiega Sara. «Era tutta la mattina che ci pensavo. Mai da bambina avrei creduto di riuscirci, e per giunta con la mia miglior amica». Cioè Roberta Vinci, doppista sopraffina, ieri praticamente perfetta, la metà meno solare di una amicizia «splendida, stellare». Quella che gioca volée da urlo ma fatica a tenere a bada i nervi. «Prima dell’ultimo game gliel’ho detto a Sara – sorride Robi – Guarda che sono tesa. Fino ad allora i miei game di servizio erano andati via lisci. Ho pensato: vuoi vedere che adesso lo perdo?». Invece no, anche perché, va detto per onestà, l’ungherese Babos e la francesina Mladenovic in singolare sono n.92 e n.107 del mondo, e nello Slam non avevano mai giocato prima insieme. Sara e Roberta invece come duo si sono incontrate in Fed Cup, nel 2009, a Orleans. «Un match a risultato acquisito, perso contro Beltrame-Dechy», ricorda Sara. «Poi dopo una finale persa a Marbella abbiamo deciso che il duo poteva funzionare anche sul circuito» In effetti: 5 Slam (prima di ieri due Australian Open, un Us Open, Un Roland Garros), 20 tornei in totale, un bilancio fantastico. «Questa vittoria la dedichiamo a noi stesse», spiega Roberta. «Ai nostri coach, ai nostri team che viaggiano insieme, a quelli che ci sostengono. A tutta l’Italia che credo oggi abbia tifato per noi». A tutta la fatica spesa. «Ne facciamo tanta – spiega Sara – per qualcuno troppa. Ma noi sappiamo quello che facciamo, anche se da fuori è difficile capirlo. Dopo Roma ero cotta, a terra, eppure a Eastbourne ci sono voluta andare: più per il doppio che per il singolare. Era un investimento. E ci ha ripagato con questa emozione». Paurosa, inimmaginabile.
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