«Ciao, come stai, tutto bene?». Se c’è una cosa che colpisce di Rafa Nadal – prima ancora del talento, della grinta, dell’intelligenza, della passione per il tennis – è la sua umiltà. La sua lealtà (da Il Corriere dello Sport). Da quando ha fatto la sua comparsa nel circuito mondiale e a malapena spiccicava una parola d’inglese, tanto che lo paragonarono a Mowgli, l’eroe del Libro della giungla, a oggi che si muove con agilità nel jet-set, Rafa non è cambiato di una virgola: se ti incontra per strada, sugli Champs Elysées o a spasso per Roma, è lui che saluta per primo. Un numero 1 anche in questo. Merito della famiglia, a cui è legatissimo. Di un’educazione semplice e amorosa, ma inflessibile. «Agli Us Open del 2005, dopo una sconfitta contro James Blake, incontrai sua madre – racconta Vittorio Selmi, storico tour manager Atp – e le dissi ‘peccato per Rafa. ‘No, meglio così’ mi rispose lei. ‘E’ una sconfitta che gli farà bene’». Mai arrendersi, ma mai ostentare, questo è il motto dei Nadal. Gli orizzonti del ragazzo borghese che in campo recita da Cannibale ormai sono larghi quanto il mondo, ma il suo universo più intimo sta nei 7 mila abitanti di Porto Cristo, il paesino dell’isola di Maiorca dove Rafa da qualche anno vive in una villetta accanto a quella dello zio e coach Toni, dove tiene la sua barca da otto metri e dove c’è il ristorante di famiglia, Sa Punta. E nei 43 mila di Manacor, la città dove è cresciuto e dove ancora ogni sera alle 19 va ad allenarsi nella modernissima palestra al terzo piano del palazzo di famiglia, in Plaza del Palau. A s’Horta, 25 km da Manacor, c’è il suo campo da golf preferito, a Palma il centro di allenamento che frequentava da giovane. E fra Manacor e Porto Cristo dovrebbe sorgere la sua futura Academy, 17 campi da tennis, campo da calcio, albergo e centro medico, di cui è stato già depositato il progetto. Tutto il mondo in un’isola felice. Il campione è uomo di affetti sicuri, protetti, costanti nel tempo. Papà Sebastian, e soprattutto mamma Ana Maria, ex insegnante di musica, e il suo fisioterapista Rafael “Tintin” Maymo, che lo segue persino in campo con il lettino da massaggio e davanti allo schermo lo sfida alla playstation, sono le persone più vicine. «Rafael è come un fratello – ammette Nadal – la persona con cui mi confido. E’ sempre ottimista, e per me è stato fondamentale durante l’infortunio del 2012. Ha solo un difetto: tifa per il Barca…». Poi viene il cerchio magico più allargato. La sorella Isabel, la fidanzata Francisca Perellò, lo zio coach Toni («nessuno mi conosce meglio di lui»), l’ex-pro Francisco Roig che funge da vice-allenatore (e da compagno da golf), l’altro zio Miguel Angel, ex difensore del Barcellona e della nazionale, lo storico addetto stampa Benito Perez-Barbadillo, il manager (ed ex-top-10) Carlos Costa, il preparatore fisico Joan Forcades, quindi Jordi “Tuts” Robert, che lo segue per conto della Nike, e Jean-Christophe Verborg, l’uomo-Babolat che gestisce le sue racchette e le sue corde e nel 2012 lo ha convinto, con molta fatica, a passare alle corde nere che regalano più spin e ad appesantire di tre grammi (314 invece di 311) il suo attrezzo magico. Gli amici-colleghi di sempre: Carlos Moya, Juan Monaco, Marc Lopez. E quelli di infanzia, Tomeu Salvà, Tomeu Artigues e Joan Suasi. «Rafa è rimasto quello che era, un ragazzo normalissimo con un talento straordinario per il tennis – dice Suasi – Impossibile sentirsi a disagio accanto a lui». A 10 anni, quando dopo un allenamento duro con Zio Toni gli capitava di piangere, Rafa era come oggi. Anche a scuola. «Usciva prima – racconta la sua maestra Margarita Vinces – poi correva ad allenarsi mangiando un sandwich in macchina. Ma in classe non si vantava mai dei suoi trionfi. Come studente cercava di rendere al massimo. Il vero problema era l’ora di ricreazione: tutti lo volevano nella loro squadra di calcio». Il calcio e il tennis, le sue due grandi passioni. «Da piccolo credo amasse più il calcio», sostiene il suo ex-allenatore Toni Mesquida. «Era un goleador, non si scoraggiava mai. E aveva le qualità per giocare ad alto livello». Anche oggi Rafa delira per le “merengues”: chi scrive lo ha visto entrare in hotel saltando di gioia dopo un “clàsico” vinto dal Real. E a Roma, dopo un gol di Van Nistelroy ha letteralmente sfondato con un pugno il frigorifero di casa del membro italiano del board Atp, Giorgio di Palermo. Ma segue tutto il calcio, tanto che quando al Foro Italico un mese fa gli è stata regalata la maglia di Higuain, i presenti sono rimasti stupefatti nel sentirlo snocciolare i risultati del Napoli in coppa e in campionato. Rafa è un tipo che sa stare agli scherzi – memorabile la volta che a Parigi fu costretto a seguire al guinzaglio Moya al ristorante giocatori dopo una scommessa persa– , oggi poi ha scoperto la passione per il poker, mentre il suo amico Juan è convinto che «in cinque anni Rafa potrebbe raggiungere 0 di handicap a golf. Non sa stare fermo». Il vero segreto del Nino, alla fine? «E’ curativo», risponde con un sorriso Vittorio Selmi. «Una giornata con lui, e ti passano tutte le malinconie».
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