Sharapova, regina della terra

RED001.SUG_CaseStudy_v2_CR «E’ stata la finale Slam più dura della mia vita». Ci sono voluti tre set (6-4 6-7 6-4) e tre ore e 2 minuti a Maria Sharapova per piegare la resistenza balcanica di Simona Halep, appena 120 secondi meno del record di durata di una finale a Parigi (Graf batte Sanchez 10-8 al terzo nel 1996), ma alla fine ha dimostrato che i pantaloni in casa li porta ancora lei. Il fidanzatino Grigor Dimitrov, secondo Nadal il più promettente della nouvelle vague maschile, qui a Parigi è stato respinto al primo turno, la sua fidanzata feroce è arrivata fino in fondo. In un tabellone desertificato di grandi nomi – anche se la Halep, a 22 anni grazie alla finale da domani sarà n.3 del mondo – lei ha tenuto alto il “brand” della ditta. Quello della ragazzina che 17 anni era già capace di strappare Wimbledon a Serena Williams, che oggi è una super testimonial da 20 milioni di dollari all’anno e una busineswomen capace di piazzare a cinque euro il sacchetto i suoi zuccherosissimi bon bon ‘Sugarpova’, ma che sul campo, a 27 anni, sa sempre ruggire. Per prendersi il suo 5° Slam, dopo un primo set in cui era andata sotto, aveva recuperato e poi si era fatta riprendere, ha reagito da tigre al rush disperato della Halep che nel secondo secondo set le ha scippato il tie-break. Tutto il centrale scandiva il nome della romena, Maria, stanchissima dopo un torneo appesantito di match complicati, si è semplicemente rifiutata di perdere. Così dopo il doppio fallo con cui ha regalato il 4-4 all’avversaria ha infilato 8 punti di fila, e raccolto il secondo successo parigino in tre finali consecutive dopo quello del 2012 contro la nostra Errani, la 20esima partita di fila vinta sulla terra rossa al 3° set. Da domani torna n.5 Wta, e si può dire che Chris Evert, madrina del torneo a 40 anni dal primo dei suoi 7 successi a Parigi, abbia consegnato la coppa in mani degne: la residenza è americana, ma l’educazione e il carattere di Maria restano siberiani. E dire che in passato sulla terra Maria si sentiva ‘come una mucca sul ghiaccio’. «Sei anni fa non avrei mai detto che sarei riuscita a vincere due volte il Roland Garros: mi sembra un sogno. Merci beaucoup, Paris».

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