Quindici minuti della sua vita Ernbest Gulbis li passerebbe volentieri con Albert Einstein. «Ma non credo che uno del genere avrebbe avuto voglia di perdere tempo con uno stupido atleta come me», chiosa esibendo una delle sue riuscitissime espressioni da impunito. Guai invece a chiedergli un selfie. «Cosa vuol dire selfie? Chiamiamole per quelle che sono, delle fotografie. Ma a me di fare fotografie con gente che non conosco non interessa nulla». E con Federer? «Grande giocatore, ma un tipo molto noioso. Se penso alle banalità che dice in conferenza stampa mi si accappona la pelle…». Insomma, il tipo lo avete inquadrato. Del resto sono ormai parecchi anni che Gulbis, rivelatosi con i quarti di finale a Parigi nel 2008, ad appena 19 anni, si è fatto conoscere sul circuito: per il suo grande talento e per le sue uscite bizzarre, per i pareri crudi lesinati sui colleghi e per le avventure nei pub e con belle e molto disinvolte ragazze – vedi l’arresto a Stoccolma nel 2009 in compagnia di una escort. Il classico profilo da ragazzo ricco molto viziato, visto che Ernests è figlio di Ainars, multimilionario lèttone con interessi in moltissimi settori, e sua mamma Milena una famosa attrice teatrale. I cromosomi sportivi li devi a nonno Alvils, che ai tempi dell’Urss vinse un campionato europeo, il nome nientemeno a Ernest Hemingway, autore amatissimo dai genitori appassionati bibliofili. Un amore che gli hanno trasmesso, visto che Gulbis oltre che l’Opera (a Vienna era imbufalito per aver mancato una recita del “Nabucco” con Placido Domingo), la musica di Philip Glass, Pierre Boulez e Irmin Schimdt ama le letture non scontate, da Haruki Murakami a Dostoevskij, al russo Victor Pelevin. Dal vecchio Hemingway, Ernestino ha preso anche la passione per le sbornie. «Se esco la sera e inizio a bere, poi lo faccio tutta la notte», diceva non troppe stagioni fa. Alcol, ma non solo: «la cosa bella di Rotterdam è che qui la marijuana è legale. Non che noi tennisti possiamo fumarla, ma insomma, mi piace l’idea…». Ora però sembra che anche per lui sia arrivato il tempo di mettere i riccioli a posto,anche se ieri ne ha approfittato per fare di nuovo clamore con una dichiarazione decisamente poco femminista: «spero che le mie sorelle non diventino tenniste professioniste. Una donna deve godersi più la vita, pensare alla famiglia. Come fai a pensare a fare figli se a27 anni sei una tennista professionista?».
Quando si è fatto notare pareva destinato a diventare il nuovo Marat Safin, bello e impossibile, invece i suoi capricci, il sistema non molto professionale di affrontare il circuito l’hanno in parte respinto. Nel 2010 a Roma fece scalpore battendo Federer e poi ammettendo candidamente che in campo si era «c…to nei pantaloncini». Oggi che dopo un anno di ridefinizione della sua vita – persino sua madre gli aveva chiesto di piantarla lì con il tennis – è risalito in classifica fino al n.17 e pare finalmente deciso a mantenere le promesse, Federer se lo ritrova davanti negli ottavi di Parigi. A 25 anni, l’ultima chance di spiegare al mondo l’importanza di essere Ernesto. «In carriera ho sbagliato un sacco di cose», ammette, pentito non si sa fino a che punto. Non badavo a come mi allenavo, a come trattavo il mio corpo. Troppi alti e bassi, nessuna continuità. Fino ad un paio di anni fa mi impegnavo tre mesi, poi mi scocciavo e tornavo in Lettonia per prendermi dieci stupidi giorni di vacanza. Ora sto salendo sull’ultimo treno. Ho venticinque anni ed è la mia ultima opportunità di diventare un tennista di successo». A stabilire se Ernests l’eccentrico stavolta può davvero farcela, sarà ovviamente quel noioso di Roger Federer.
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