«Com’è Fabio? Be’, è molto… Fabio». Gael Monfils Fabio Fognini lo conosce molto bene, ci ha giocato mille volte fin da ragazzino («mai un match tranquillo»), e gli vuole anche bene (dal Corriere dello Sport). Quattro anni proprio qui a Parigi, ma sul centrale, ci perse un 3° turno leggendario diviso in due atti – pardon, due giorni – e finito 9-7 al quinto dopo che il francese si era trovato avanti due set e un break ma fradicio di crampi. Stavolta si è vendicato. Sempre in amicizia, s’intende. E sempre in cinque set, altalenanti, incarogniti, ma decisamente brutti (5-7 6-2 6-4 0-6 6-2) in 3 ore e 24 minuti di gioco. Per Fognini, oggi n.15 Atp, è l’addio al sogno di entrare in tempi brevi nella top-10, e l’ultimo sigillo di una stagione sulla terra nata benissimo a Napoli, con la vittoria su Murray in Coppa Davis, e poi lentamente naufragata fra lampi, giornate storte e mezzi infortuni in un lungo sentiero rosso delle occasioni perdute. Monfils ieri ha approfittato del suo “doctor Fogna”, della sua fragilità nervosa, e gli ha tirato la stangata. Lo ha illuso, in un 4° set non giocato, passato a crollare la testa e a chiedere l’intervento del medico per farsi controllare la pressione, che anche questa volta al 5° set avrebbe vinto lui. Invece Fabio, che dopo aver strappato il 1° set e ceduto il 2°, il terzo lo aveva prima smarrito, poi ritrovato, poi riperso con due palle-break sul 4-4, nel 5° è andato sotto, mentre Monfils rinasceva come Lazzaro. Il pubblico del “Suzanne Lenglen” ululava, stregato da Gael l’Uomo Volante, dall’istrione delle banlieu, annusava l’impresa dell’ex- top ora n.28 che alla vigilia il torneo ha rischiato di non giocarlo per infortunio. E Fabio, in una delle sue giornate opache, sciroccate, si è sciolto. Nel primo set Carlos Bernardes, il giudice di sedia che vive in Italia e che lo ha anche in simpatia, non si era potuto esimere dall’affibbiargli un warning per un “puta” gridato troppo forte. Sul 2-0 40-15 è scattato il penalty point per una racchetta lanciata e brutalizzata. Tre a zero Monfils. Fognini è risalito fino al 3-2, poi ha incassato altri due break, il match lo ha chiuso spedendo l’ennesimo dritto in corridoio. «Ma da Parigi esco a testa alta», ha detto ripetendo nervosamente il copione poco credibile di chi ‘ci mette la faccia’. «E’ stato un match lottato, ho avuto le mie chance, ma sono andato in dritto con il tilt e non ho servito bene. Monfils antisportivo? Siamo amici, ma sapevo che poteva farlo. In campo ognuno fa tutto quello che può per vincere». Il suo bilancio, alla fine è di 81 errori gratuiti nel match e sei delusioni sull’amata terra. Iniziate a Montecarlo, con il match degli insulti al padre nel match perso con Tsonga, continuate con l’infortunio e il ritiro al primo turno di Barcellona, proseguite la finale regalata all’altro “furbetto” Klizan a Monaco, concluse dai primi turni di Madrid e Roma e ora da questo stop. Sul cemento non se l’era affatto cavata male (ottavi in Australia, Indian Wells e Miami). E’ stata proprio l’amata terra, e la tensione per quella top-10 che tutti gli avevano messo già in tasca – un po’ come è capitato alla sua fidanzata Flavia Pennetta – a tradirlo. Per il futuro chissà che il suggerimento non gliel’abbia fornito Monfils: essere un po’ meno… Fabio.
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