Ferrari, effetto notte

F1 Testing in Jerez - Day Two

Delusione, tristezza. E un po’ di tenerezza. Il personalissimo podio della Ferrari dopo il Baharain è fatto di sentimenti che tendono al basso, e si mescolano male. La delusione è quella di Luca di Montezemolo, che dopo aver visto Alonso sverniciato come un rookie da Hulkenberg sul rettilineo, si aggiusta il blazer e se ne va dal paddock. E’ il giro numero 45, ma del GP più bello degli ultimi anni per lui non c’è più nulla da vedere. «Siamo troppo lenti, vedere una Ferrari sorpassata così fa male al cuore. Non mi aspettavo molto da questa gara, ma un pochino di più sì. Dobbiamo tutti lavorare molto, specie i motoristi, ci manca la potenza». Una umiliazione, per chi del mutùr ha sempre fatto un vanto. La tristezza è generalizzata. E’ quella dei tifosi di Maranello, ma comunque di tutti gli italiani, di chi ha a cuore le corse, perché vedere un patrimonio sportivo (e industriali) italiano continuare a rimediare figuracce del genere, gara dopo gara, anno dopo anno, è veramente deprimente. Ma è davvero possibile che la Ferrari non riesca a trovare una soluzione a questa infinita mediocrità, che non abbia uomini, idee diverse?

La tenerezza scatta quando è sbollita la rabbia. Perché fa quasi tenerezza sentire Marc Gené dire «possiamo lottare per essere secondi dopo le Mercedes». O Pat Fry cercare di scusarsi con le solite, usate parole: «Oggi non potevamo chiedere di più alle nostre macchine e ai nostri piloti, il nostro limite è la velocità di punta. Nella sezione centrale, quella con più curve, la F14T si è dimostrata competitiva, ma non è bastato. A Maranello stiamo lavorando per una migliore erogazione della potenza e una migliore guidabilità, ma anche sul fronte aerodinamico stiamo cercando di migliorare l’efficienza». Tradotto: salva l’affidabilità, non c’è nulla o quasi che funziona. La Ferrari battuta in potenza, in velocità: un dolore dentro il dolore.

Qualche buontempone prova a parlare di poca “convinzione” di Alonso e Raikkonen, senza riflettere che senza di loro della Rossa, oggi, rimane veramente poco. Fernando nono, Raikkonen decimo, un arrivo da Force India, solo che la Force India, una scuderia ancora con il bavaglino rispetto alla Ferrari, economicamente non certo a livello della Mercedes, ma che della Mercedes sfrutta la power unit, sta sul podio. E il blasone della Rossa nella polvere. «Sapevamo che su questo circuito saremmo stato in difficoltà», mormora Alonso, che non ha nemmeno la forza di essere arrabbiato, e si è ridotto ad esultare – se è vero quel gesto del braccio – per aver battuto al ribasso il suo compagno di squadra, dopo aver lottato un po’ con Button. Polvere di malinconia. «La strategia era giusta, i pit- stop perfetti, abbiamo anche risolto piccoli problemi di affidabilità. La Safety-car ci ha aiutato a ridurre le distanze con chi stava davanti, ma è la prestazione che non va. Dobbiamo lavorare giorno e notte, dipende da noi. I test che faremo in questi giorni saranno fondamentali». Si spera nella lunghezza della stagione, perché il presente sarebbe già una condanna. Kimi la mette giù durissima: «speravo di fare meglio dopo la qualifica, ma siamo partiti male, e poi è andata anche peggio. Ci manca velocità e ci manca carico. La Mercedes vola, la Force India che ci ha passato sembrava di un altro pianeta, non avevamo chance di tenere dietro le Williams, con la Red Bull lottavamo sul dritto, ma in curva no. Speriamo di migliorare per la prossima gara in Cina». Kimi ha confessato di non trovarsi a suo agio con la macchina, hanno provato a settargleila diversamente, ma non funziona. Sembra di essere nel fil di Bill Murray, Il Giorno della Marmotta, quello dove ogni giorno è identico al precedente. Quando suonerà la sveglia?

«Mi spiace vedere i nostri piloti incapaci sia di attaccare sia di difendersi – continua Domenicali, riavvolgendo un nastro sentito mille volte – Ci aspettavamo una gara difficile a Shakir, ora dobbiamo dimenticarla e guardare avanti. C’è un test importante, dobbiamo rimanere a testa alta. Mi aspetto una reazione per cambiare marcia in fretta». Fino a quando Montezemolo, o magari qualcuno per lui, deciderà di cambiare davvero tutto. Perchè quel nome scelto per la macchina che doveva essere della rivincita e che dopo tre gare sembra già destinata a un futuro mesto, quella sigla F14T, a qualcuno potrebbe risultare di colpo insopportabile, se affiancata ai trionfi della Mercedes.

 

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