Kei Nishikori, il 24enne giapponese che a Miami ha eliminato Roger Federer e oggi si gioca la semifinale con Djokovic, a Tokyo è popolare come Totti a Roma. «Per fare shopping mi devo travestire, è imbarazzante», sostiene il molto riservato Nishikori san, che però in occasione del terremoto di Fukushima riuscì a mobilitare Djokovic e Murray per una partita di calcio di beneficenza. Non ha ancora vinto molto, 4 tornei Atp di medio valore, uno a Tokyo, nessuno però in Giappone era mai salito in alto come lui, n. 11 del mondo nel 2013 (oggi è 21). E nessuno, dai tempi di Jiro Sato, il semifinalista di Wimbledon che si suicidò nel 1934 per non essere riuscito a regalare la Coppa Davis all’Imperatore, era più riuscito a rompere l’inferiority complex nei confronti dei tennisti occidentali. «Fra poco ritroveremo Kei fra i top-10», sostiene Federer, che ci ha perso due volte su tre. Nishikori in realtà è figlio di una visione, il “Project45”, battezzato così dalla miglior posizione raggiunta in classifica da Shuzo Matsuoka, un set strappato a Sampras nei quarti di Wimbledon ’95, oggi l’uomo più influente del tennis made in Japan: serviva uno che migliorasse il record, Kei è la risposta. Figlio di un ingegnere e una pianista, da ragazzino fu segnalato proprio da Matsuoka a Masaaki Morita, l’ex CEO della Sony che aveva creato il Tennis Group Fund, quattro borse di studio presso la Nick Bollettieri Academy in Florida. Dai 14 anni in poi Kei è così cresciuto negli States, a forza di dritti e videogames. Non si è mai abituato al sushi americano, e oggi gira con un coach argentino, Dante Bollini, che preferisce l’asado, ma nel frattempo ha già battuto 10 volte un top-10, compreso Djokovic l’anno scorso a Basilea e Ferrer proprio a Miami. Il suo inglese negli anni è migliorato, ma non troppo, la sua autostima decisamente di più, anche perché a Tokyo basta entrare in un negozio Sony per vedere il suo rovescio bimane sparato in multivision. A raffinarlo ci sta pensando un cinese, l’ex n.2 Atp Michael Chang, che da qualche tempo gli fa da consigliori con saggezza da mandarino. «In certe giornate so spaventare i più forti – riconosce Kei – ma devo diventare più continuo». Battere oggi il suo compagno di sponsor (Uniqlo), il molto onorevole Djokovic san, aiuterebbe l’impresa.
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