Per una settimana siamo stati a discutere – e ancora discutiamo – di Formula Noia, di regolamenti indecifrabili e avvilenti (per i piloti e per gli appassionati), di controllori del flusso, di motori-zanzara, di calcoli insipidi e via deprimendoci. (da Italiaracing) Poi, Bang! è arrivata la MotoGp a siringarci in cuore adrenalina a litri. Eppure anche la vigilia del Mondiale a due ruote, come quella del Circus a quattro ruote, era stata tormentata da dubbi e polemiche, dalle discussioni su regolamenti astrusi, con quel minuetto imbarazzante fra specifiche ‘factory’ e ‘open’ e il voltafaccia finale della Ducati. Solo che la MotoGp è per sua natura selvaggia, individualista, incontrollabile. Ci eravamo preparati ad un dominio spagnolo, ad un duello Marquez-Lorenzo con Pedrosa terzo incognito, e invece ecco rispuntare il Dottore, che chiamato d’urgenza per curare un possibile attacco di torpore ha risposto alla sua maniera, come gli vedevamo fare da anni, come molti pensavano non sarebbe più stato in grado di fare. Invece. Il suo regolamento di conti con il baby-fenomeno catalano è stato uno show folle e magnifico, che ha riportato alla mente i duelli antichi con Gibernau, le sportellate con Stoner, le faide con Lorenzo. E che ci ha fatto capire come in Moto Gp, a differenza di ciò che è accaduto in F.1, i regolamenti hanno sì livellato i valori, ma non annullato, umiliato il carattere dei campioni. E’ vero, le moto non sono le macchine, il fattore umano, la fisicità estrema delle gare sono di per sé una garanzia contro gli eccessi tecnologici. Ma la rivincita di Vale, di Marc e degli altri, del Fattore umano su quello tecnologico, va oltre l’ovvio, è una testimonianza di quello che erano, che sono, che dovrebbero continuare ad essere le corse: una sfida fra uomini, prima ancora che fra sensori e simulatori. Non è un obiettivo facile da ttenere, nel mondo virtualizzato che ci è cresciuto attorno. Ma forse, ci hanno spiegato Vale & Company in Qatar, è ancora possibile.
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