Dopo aver sbagliato il rigore decisivo nei quarti dell’Europeo 2004 contro il Portogallo, Darius Vassell si presentò al ct dell’Inghilterra Sven Goran Eriksson. «Mister, io rimango a Lisbona», gli disse. «In vacanza?», rispose Eriksson. «No, mister: non voglio tornare a casa e dover parlare con i giornalisti». Steven Gerrard, non uno qualsiasi, confessò invece che prima di accartocciarsi sul dischetto contro la Germania nei Mondiali del 2006 si era sentito «come un bambino davanti a Freddy Kruger». Morale: per vincere i trofei che contano la freddezza è (sarebbe) di rigore, ma in Inghilterra non funziona così (da La Stampa) . Dal 1990 a oggi per 6 volte fra Mondiali ed Europei gli inglesi Mondiali si sono giocati il futuro dagli 11 metri, e per 5 volte hanno toppato, l’ultima contro l’Italia nel 2012. Da Beckham ad Ashley Cole, i Baggio-moment britannici si sono replicati con sconfortante puntualità e così Roy Hodgson, attuale ct dei Bianchi, ha deciso che per mettere fine alla vergogna nazionale servirà uno psicologo. «Alcuni dei nostri sono ottimi rigoristi, altri no», ha spiegato Hodgson, che ha già chiesto al boss dello medagliatissimo ciclismo made in UK, Sir Dave Brailsford, di motivare i suoi prima della partenza per i prossimi Mondiali. «In Brasile dipenderà dal carattere dei nostri impedire che si ripetano certi titoli sui giornali. Se uno psicologo può aiutarci sarà il benvenuto». Di tutti i gesti del calcio il “penalty” è quello psicologicamente più complesso, da Peter Handke a Francesco De Gregori anche scrittori e poeti si sono affannati a spiegarcelo, ma qual è il segreto per sgretolarsi nell’istante fatale? «L’importante – analizza Aldo Grauso, psicologo dello sport che a Coverciano lavora con le nostre nazionali giovanili – è che in quei 5 secondi tutto sia focalizzato sull’obiettivo. Non bisogna pensare troppo, ma affidarsi all’istinto e alla routine del gesto, guai a cambiare movimento. E poi mai guardare il portiere, ma concentrarsi sul punto in cui si vuole piazzare il pallone. L’esempio che mostro sempre a Coverciano è quello di Jaap Stam: non un attaccante, ma un esempio di freddezza». Secondo altri ricerche i rigoristi “frettolosi” hanno più possibilità di incartarsi, chi tira per primo in media segna di più, ed è meno stressante avere la chance della vittoria a portata di piede che l’obbligo di pareggiare un vantaggio. Ma l’etnia conta? Una statistica del 2012 ha dimostrato che cechi e portoghesi – e sauditi – sono infallibili quando si tratta di giocarsela dal dischetto (100% di vittorie), i tedeschi seguono con l’83%, gli italiani arrancano 27esimi (38%), gli inglesi 30esimi (14%). «Non mi affiderei alla genetica – continua Grauso – piuttosto al lavoro, anche psicologico. Fino al 2006 noi italiani avevamo un problema (3 volte beffati ai mondiali, un bilancio di 3-6, ndr) ora curiamo molto questi aspetti. Mentre inglesi, forse per la loro tradizionale superbia, non l’hanno mai fatto». Maestri, ma di fragilità.
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