Lavillenie, un salto oltre Bubka

RENAUD LAVILLENIE DEVRA SE CONTENTER DE L'ARGENT À LA PERCHE

E’ stato un salto lungo quasi trent’anni, un balzo nella storia dello sport, per tornare a terra certo non poteva bastare un tweet. «Record del mondo! 6,16 al primo tentativo! E’ incredibile, sto ancora volando…». Appena cinque giorni fa durante una chat organizzata dalla federazione mondiale dell’atletica Renaud Lavillenie, medaglia d’oro nel salto con l’asta ai Giochi di Londra, francese di Barbezieux-Saint-Hilaire, cittadina famosa per la produzione di cognac, il “bubkicidio” lo aveva promesso. E da sobrio: «il mio obiettivo è battere il record del mondo di Stgey Bubka, so di potercela fare». Ieri ha mantenuto l’impegno, saltando 6,16 metri a Donetsk, proprio a casa di Bubka e davanti ai suoi occhi, e proprio nello stesso meeting dove il più grande astista di tutti i tempi aveva fissato l’ultimo dei suoi 35 record mondiali (6,15 metri) il 21 febbraio del 1993.

«Sono contento per Renaud – ha detto lo Zar Sergey, vicepresidente della Iaaf e organizzatore della riunione, il primo ad alzarsi e applaudirlo – Perché ha lavorato tanto e può essere quello che ispirerà altri atlòeti. Arrivare in fretta a 6,30 o a 6,40 non è impossibile, bisogna crederci e porsi sempre grandi obiettivi». In realtà il dominio assoluto di Bubka è durato molto più di 21 anni, visto che il primo record (5,81 indoor) il principe ucraino lo aveva ottenuto a Vilnius il15 gennaio del 1984, e che dopo il 31 agosto di quello stesso anno nessuno era mai riuscito a salire più in alto di lui. L’ultimo era stato un altro francese, Thierry Vigneron, figlio come Lavillenie di una nobile tradizione nella specialità (Gonder, Houvion, e poi Quinon e Galfione) che in una leggendaria gara al Golden Gala di Roma fra le 22 e 40 e le 22 e 50 gli strappò il primato, arrampicandosi a 5,91 solo per vedersi risorpassato, di tre centimetri, appena dieci minuti dopo. Il record più longevo nella storia dell’atletica rimane l’1’53.28 strappato sugli 800 metri da Jarmila Katrochvilova nell’83, ma il muro scavalcato dal 27enne Lavillenie più che un limite era un tabù, un simbolo di onnipotenza. La firma apparentemente incancellabile di uno dei più grandi atleti della storia, il primo uomo a salire sopra i 6 metri (nell’85, a Parigi), il recordman seriale che per 17 volte outdoor e per 18 indoor (ma dal 1998 il record è unico e assoluto) si era migliorato solo di un centimetro alla volta per incassare i dané dei premi e dimostrare alla concorrenza di essere l’unico vero rivale di se stesso. Una lezione appresa alla perfezione dalla sua nipotina Isinbayeva.

L’impresa di “Air” Lavillenie, come lo chiamano copiando Michael Jordan, atleta dal fisico “normale”, 1 metro e 76 per 69 chili (contro l’1,83 e gli 80 chili di Bubka) finisce così su uno scaffale forse più importante di quelle di Butch Reynolds, che nell’88 strappò dopo vent’anni il record dei 400 metri a Lee Evans, di Michael Johnson, lo sprinter nero che ad Atlanta nel 1996 cancellò, dopo 17 anni, il 19.72 di Pietro Mennea; o ancora di Mike Powell, che nel ’91 migliorò il folle volo (8.90 m.) staccato da Bob Beamon a Città del Messico. Record mitologici, ma nati da un lampo, da un picco di rendimento, mentre Bubka nell’asta ha regnato per quasi 30 anni da sovrano assoluto. Anche Lavillenie si è allenato al record con una lunga progressione, iniziata nel garage di papà Gilles, anche lui astista autodidatta (come il nonno) con un personale di 4,41, in lunghi pomeriggi prima di giochi poi di allenamenti seri, insieme a Valentin, il fratello minore di cinque anni, l’ultimo membro della famiglia contagiato dall’arte del volo. Una rincorsa nutrita da record giovanili, poi nazionali, e accelerata vertiginosamente nelle ultime settimane: 6.04 il 25 gennaio a Rouen, 6,08 il 31 in Polonia. «Dopo quelle gare ero rimasto sveglio fino alle 6 di mattina per rivedere i filmati», ha confessato. Poi ha chiuso gli occhi, e completato il sogno. «Tutto in realtà era cominciato dopo il 6,01 ottenuto nel 2009 – ha spiegato – lì mi ero reso conto di poter fare qualcosa. Poi l’inverno scorso a Goteborg, quando ho saltato 6,09 (non omologato, ndr) ho capito che ero sulla strada giusta. Ma sono rimasto con i piedi per terra». Strana espressione, per uno abituato a volare. A Rouen aveva utilizzato per la prima volta un’asta lunga 5,20 metri, aumentando poi progressivamente la rigidità dell’attrezzo. A Donetsk ha rischiato di rimanere fuori a 6,01, poi è passato ad un’asta di rigidità 13,8, davvero poco usuale per uno come lui che pesa appena 70 chili. 47 metri di rincorsa, il balzo. «Non è solo questione di usare attrezzi più duri – ha spiegato – ma anche di una maggiore velocità, di un salto più rilassato. E poi quando sono arrivato a Donetsk mi sono detto: qui c’è Bubka, è qui che devo fare il record». L’Equipe ora lo paragona ai grandi francesi dello sport, da Marcel Cerdan a Zidane, da Hinault a Marie-José Peréc, da Yannick Noah a Sebastién Loeb, ma lui, che pure ama il rischio visto che ama correre in moto (ha gareggiato anche nella 24 Ore di le Mans per le due ruote) come dopo Goteborg vuole tenere i piedi per terra. «Non tenterò certo i 6.30 di un sol colpo – ammette – dovrò per forza progredire di pochi centimetri, anche perché una giornata come questa non capita ogni settimana, e poi ci sono degli incentivi economici. Il grande vantaggio – conclude con un sorriso – è che non ci sarà Bubka a battermi».

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