Errani e Vinci, il tesoretto italiano

APTOPIX Australian Open Tennis

«… E adesso godetevi Federer e Nadal». Umile (e spiritosa) come sempre, Sara Errani ieri si è voluta scusare con il pubblico della Rod Laver Arena per aver sforato di venti di minuti sui tempi, ritardando così l’attesissimo ingresso in campo dei due divi del tennis mondiale per la semifinale maschile, il piatto forte della giornata (da La Stampa).

Ma di chiedere scusa, in realtà, Sarita non aveva davvero bisogno. Quel risicato extra-time è servito infatti a lei e a Roberta Vinci per rivincere a un anno di distanza il titolo di doppio agli Australian Open, battendo in rimonta le russe Makarova e Vesnina. E’ il quarto Slam che la straordinaria ditta «Cichi & Cichi» ci regala, dopo quello del 2013 colto proprio qui e i due successi del 2012 a Parigi e New York, e trattasi di vittoria pesante, visto che oltre a rimpinguare il montepremi delle azzurre – 260.000 dollari a testa – è servita alle Nostre per conservare il numero 1 nella classifica di specialità e artigliare il quinto posto fra le coppie più vincenti nello Slam dell’Era Open. Prime le leggendarie Martina Navratilova e Pam Shriver, con 20 titoli (vinti, va detto per onestà, quando il doppio lo giocavano tutte o quasi) quindi Fernandez-Zvereva (14), le Williams Sisters (13), il duo spagnolo argentino Ruano Pascual-Suarez (8) e infine loro, le Cichis. Di gran lunga la coppia più vincente della storia del nostro tennis e se volete una replica in gonnella del duo Federer-Nadal: talentuosa e aggressiva Roberta, grintosa e solidissima da fondo Sara che pure, proprio come Rafa, quando serve sa sfoderare una manina niente male anche sotto rete.

In singolare quest’anno a Melbourne non hanno brillato, facendosi eliminare entrambe al primo turno. Anche in doppio, forse disturbate da una carestia di vittorie che le affamava dal febbraio 2013 (Doha), durante il torneo hanno tentennato. Ieri poi, sul 5-2 per le russe nel terzo, parevano addirittura spacciate. Ma guai a fare i conti senza i loro caratterini d’acciaio. «Forse in quel momento ci ha aiutato un pizzico di incoscienza», hanno detto dopo il match. «Siamo state più spavalde, rimontando punto dopo punto. Makarova e Vesnina sono ottime anche come singolariste e infatti ci avevano battute due volte lo scorso anno, in finale al Roland Garros e in semifinale al Masters. E’ una vittoria incredibile». Vero anche questo. Il doppio maschile sa offrire match divertenti ma quanto a partecipazione è in stato comatoso, sequestrato da specialisti che in singolo non gareggiano neppure (come tre dei finalisti di quest’anno: i nomi Lindstedt, Butorac e Klaasen vi dicono qualcosa?). Nel femminile le big si schierano sempre più raramente, ma l’anno scorso a Melbourne le Cichis superarono addirittura le Williams e quest’anno in tabellone c’erano Jankovic (n.8 Wta) e Halep (11), mentre Makarova e Vesnina in singolare soggiornano fra le prime 30. I quattro titoli dello Slam delle Cichis sono insomma un tesoretto prezioso, una pubblicità importante per il nostro tennis. Se hanno intenzione di vincerne ancora, si prendano pure tutto il tempo che serve.  

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