Le campionesse e la paura

Pennetta paura

La paura, come da bambina. «E’ stato un attacco di panico – sorride Flavia Pennetta – proprio come nella prima partita che ho giocato su un campo da tennis. Avevo 7 o 8 anni, a Lecce, e mi portarono in ospedale. Quando mia madre mi ha visto in televisione  me l’ha subito ricordato».Perché certe cose non cambiano, e anche le campionesse, a volte, si ritrovano davanti il ba-bau. Che quando sei un’atleta di successo è il timore, l’angoscia di non essere all’altezza di te stessa, di non riuscire più a fare quello un tempo ti riusciva facile. Oggi Flavia Pennetta alla fine il ba-bau l’ha scacciato. Ha superato in tre set Alize Cornet (0-6 7-6 6-2) ed è tornata negli ottavi di Wimbledon, per la terza volta in carriera dopo il 2005 e il 2006. Nonostante quel 6-0 incassato in 20 minuti, quei sette game persi di fila senza riuscire a reagire.

«All’inizio la palla non mi andava, non so perché. Dopo il primo set ho iniziato a ritrovare un po’ di potenza, e lei si è innervosita. Il tie-break del secondo set è stato una follia, nel terzo set ho iniziato a giocare di nuovo il mio tennis». Sul 5-1 del secondo però era arrivato quel senso di soffocamento che anche Sara Errani aveva provato a Parigi, quella fame d’aria improvvisa che Federica Pellegrini conosce molto bene. «Avevo il diaframma bloccato, non riuscivo più a respirare. Non è una bella sensazione, e per di più mi faceva arrabbiare. Mi sono ripetuta che non era niente, che era solo una partita di tennis, che non moriva nessuno, che non ne valeva proprio la pena».

Quando il medico è entrato in campo, sul 5-4, ormai il peggio era passato. La bambina Flavia aveva scacciato il fantasma, si era ricordata di essere una campionessa. Sul nervosismo di oggi però hanno pesato i lunghi mesi passati senza tennis per l’infortunio al polso, l’ansia di rientrare, i dubbi su come sarebbe stata, a 31 anni, la nuova avventura. «La verità è che non abbiamo mai abbastanza pazienza», racconta Flavia. «Prima dell’operazione, poi durante la rieducazione, vogliamo subito recuperare, andare ai mille allora, ritornare quello che eravamo. Ma non succederà. Non sarò mai più la stessa, mi aspetta una storia diversa. Anche perché sono cambiata come persona». Nel 2009 Flavia  è stata la prima italiana della storia ad entrare fra le prime 10 del mondo, oggi è scesa al n.166. Contro la Flipkens, che l’ha battuta malamente due settimane fa a Parigi, c’è un’occasione da prendere al volo, un quarto di finale a Wimbledon che lampeggia dietro l’angolo buio di questi mesi.

«Spero che vada diversamente che a Parigi, dove non ho proprio giocato il mio tennis. Dopo l’infortunio per molto tempo non accettavo di non riuscire a dare il meglio, adesso invece mi accetto. Nel tennis a volta capita di riuscire a fare tutto quello che sai, ma non è così frequente, tante volte devi batterti, lottare con quello che hai. E’ quello che ho fatto oggi. Dopo il primo set mi sono detto che era inutile tirare tutte le palle a rete, o sull’erba; tanto valeva spararle sui teloni, e uscire dal campo con la serenità di averci provato. L’ho fatto, e ora sono molto contenta di me stessa». La paura è un nemico che non si può evitare. Ma che si può battere.

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