Un anno dopo il suo primo quarto di finale conquistato agli Internazionali d’Italia con un match su Wawrinka che infiammò il Foro, Andreas Seppi torna a Roma da numero 1 d’Italia – e soprattutto da numero 20 del mondo. Il rapporto con coach Sartori è più solido che mai – dopo 18 anni è quasi record… – le ambizioni ormai sono mature. Andreas, che cosa è cambiato in questi 12 mesi e che effetto fa far parte dell’elite del tennis?
«Non molto, solo che ora sono consapevole di poter fare bene anche in tornei importanti come questo».
Roma è importante perché…
«Perché è l’unico torneo grosso che c’è in Italia. E uno dei più belli del circuito in assoluto. Giocare davanti al pubblico di casa è speciale per noi italiani, ma a tutti i giocatori piace l’impianto del Foro, veramente spettacolare».
Parliamo dei campi: dà più emozione giocare sul Centrale o sul “Pietrangeli”?
«Sono entrambi campi belli e speciali. Il Pietrangeli ha una storia più lunga, c’è più atmosfera, ma gioco volentieri anche sul Centrale».
Quest’anno lei e Fognini arrivate al Foro da top-25 del mondo: un traguardo o un punto di partenza?
«Direi che puntiamo tutti due a salire».
Fino ai primi 10?
«Il mio obiettivo da sempre era entrare nei top-20, ma ora non mi posso certo accontentare. Per arrivare nei top-10 serve un’annata molto solida, specie nei grandi tornei. E’ dura, ma sono qui per migliorare».
Djokovic, Federer, Murray e Nadal sono davvero di un altro mondo?
«Lo dimostrano i risultati, sono di un’altra categoria. Dopo di loro c’è più livellamento, fra il n.10 e il numero 20 non c’è tanta differenza».
Chi è il più simpatico?
«Non li frequento tanto, ma sono tutti e quattro molto tranquilli e simpatici. E hanno grande rispetto per gli avversari, che è la cosa più importante».
Con chi ha più confidenza?
«Con Roger, con cui posso parlare anche in tedesco, e con Djokovic, che si è allenato molto in Italia con Riccardo Piatti e poi… tifa Milan. Come me».
Fognini invece è un interista di ferro…
«Sì, e ci prendiamo in giro quando capita. Ma in questo campionato ormai ci siamo “arresi” tutti e due».
Chi è il suo giocatore preferito del Milan?
«Io tifo per la squadra, però posso dire che mi piace El Shaarawy: è forte, giovane, può fare bene».
Il favorito a Roma è sempre Nadal?
«Su questa superficie, in qualsiasi torneo, il favorito è lui. Anche se non è al cento per cento».
Chi saranno i Federer e i Nadal del futuro?
«Dimitrov è uno dei giovani più interessanti: ha un bel tennis, molto vario, potrà impensierire i più forti. Raonic è meno bello da vedere, però ha uno dei servizi migliori del circuito, sul veloce è difficilissimo da battere, lo vedo fra i primi 10. Aggiungerei Tomic, se migliorerà un po’ sulla terra battuta. Giovanissimi non ne vedo di straordinari».
Parliamo degli azzurri del futuro?
«L’anno scorso mi sono allenato un po’ con Quinzi, quest’anno in Australia con Baldi. Sono due giocatori con buone potenzialità. Il passaggio fra tornei giovanili e circuito maggiore sarà fondamentale per capire quanto valgono davvero».
Intanto il tennis sembra diventato un paese per ultratrentenni, come Federer o Tommy Haas che l’ha battuta a Madrid.
«A Tommy alla fine ho chiesto se come compenso per la lezione, visto che non era passata neanche un’ora, potevano bastare 50 euro. Scherzi a parte, maturità ed esperienza ti consentono di vincere qualche partita importante di più. Se non hai infortuni, a 30 anni puoi essere molto competitivo. A quell’età ormai il tuo tennis non cambia: devi concentrarti sul fisico».
Coraggio, scopra le sue carte per Roma.
«L’anno scorso ho fatto i quarti, punto a migliorarmi. Ma non dimentichiamo che vincere a Roma è difficile quasi quanto vincere uno Slam».
Un italiano in finale manca dai tempi di Panatta. Se ci arrivasse lei chi vorrebbe incontrare?
«Va bene chiunque! Però la finale dei sogni me la giocherei contro Nadal».
Dicono che il suo tennis sia redditizio, ma poco spettacolare: cosa risponde?
«Che c’è sempre qualcuno che… rompe. Ognuno la vede a suo modo, non è possibile piacere a tutti. Ma quello che conta sono i risultati».
Ma lei non perde mai la pazienza?
«Le mie racchette le ho rotte anch’io, non sono un angelo. Ma cerco di trattenermi».
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