Lo osannavano, lo premiavano, suonavano per lui l’inno di Mameli. «Ottavio Missoni, campione europeo over 85 nel lancio del giavellotto!». E l’Ottavio, classe 1921, ascoltava, si portava la mano al cuore disegnandosi una smorfia allegra sulla faccia da highlander dalmata: «Ecco, a dire il vero questa cosa del “siam pronti alla morte”, un pitinìn me dà fastidio…».
Ottavio Missoni lo incontrai per La Stampa dd Ancona, Campionati Europei Master indoor al Banche Marche Palace, una mattina di quattro anni fa. 2872 atleti in gara, dai tonicissimi over 35 a Mario Riboni, classe 1913, iscritto a peso, disco, giavellotto.
Le stesse specialità di Missoni, l’uomo che ha acceso il braciere, pettorale numero 0001. Tuta della Fidal, stretching professionale (“Occhio, Ottavio, che ti stiri”), berrettino di lana sulle ventitrè. In una mattinata ventosetta ha dato il meglio al terzo lancio: «17e 70 con il giavellotto. Dài, dignitoso, no? Il problema è che nella mia categoria di età sono solo, e senza competizione non mi diverto. Nel peso invece saremo 4 o 5».
Addomi baltici, rughe britanniche, sprint a volte cisposi e canuti – ma tiratissimi. Missoni attraversa la pista, saluta, benedice con i suoi occhi da tirannosauro gentile. Dal sesto posto nella finale dei 400 ostacoli alle Olimpiadi di Londra, nel ’48, a questa allegria attempata, che filo c’è? «Mah. Venivo da quattro anni di prigionia in Egitto, senza una gara da 21 a 26 anni, e feci la finale: un miracolo. Allora però le corsie erano solo sei, mio padre mi chiamò e mi disse: sei arrivato ultimo. Allora le Olimpiadi erano una festa. Io correvo, mi divertivo. Mica la gigantesca rottura di coglioni di oggi, con troppe discipline: l’hockey su prato, il tiro con l’arco, la carabina, ma dài. E il sollevamento pesi per le donne, che orrore…».
A Londra ci era arrivato dalle sabbie di El Alamein: «Dovevo riparare la linea telefonica, alla prima bomba mi buttai in una buca. Quando provai a ritornare verso le nostre linee, trovai i neozelandesi. Finito. In prigionia fra italiani ci sfidavamo a pallavolo: il beach volley, credo, l’abbiamo inventato lì». Missoni è stato azzurro 22 volte, la prima nel ’37, l’ultima nel ’53. Ad Ancona conservano una sua caricatura da 14 enne campione dalmato-marchigiano («Sono nato in Dalmazia, ma con il passaporto italiano») sugli 800 metri. Biberon e naso aerodinamico: «Ero il più giovane, mingherlino. Sui giornali scrissero che non avrei mai combinato nulla».
Invece Missoni è Missoni. La moda: «Ho sempre detto che, per vestire male, la moda non è necessaria, ma aiuta. Alla fine, nel dopoguerra le tre grandi invenzioni della moda sono state le t-shirt, i jeans e le scarpe da tennis». E lo sport: «Ho l’impressione che lo sport aiuti a tenere sveglio il cervello. Ma ho conosciuto sportivi rintronati, e anchilosati intelligentissimi, come quel gran tipo di Prezzolini, che a 96 anni si vantava di non aver mai fatto attività fisica». A Missoni lo sport piace tutto: «Da giovane avrei potuto anche vincere il campionato italiano di decathlon, mi sarebbe bastato saltare due metri e mezzo con l’asta, invece steccai. Il rugby: che spettacolo Galles-Irlanda a Cardiff. Noi invece siamo troppo lenti a muovere la palla dalla mischia, lo vede anche un cieco. Il golf ha il campione più elegante che c’è, quel fenomeno di Tiger Woods. Uno che vestirei volentieri, insieme alla mia amica Lea Pericoli. Poi mi piacciono quell’astista russa, la Isinbayeva, e la Pellegrini nel nuoto. Il calcio? E come si fa a non seguirlo. Sono milanista, ma mia moglie Rosita lo è anche di più. Vado spesso a Milanello, mi faccio curare la schiena, ceno con il medico e Carletto (Ancelotti, ndr). Maldini lo conosco e lo stimo da vent’anni, dei nuovi mi ha impressionato Beckham, educato, per nulla divo. E Kaka, che piace tanto alle donne: un altro che potrei vestire».
Il tennis sono le partite con l’amico Gianni Clerici, «ma io mi limito a buttare la palla di là, senza sapere dove. McEnroe mi piaceva. Quelli di adesso li conosco meno, vedo solo che indossano tutti delle magliette orribili. Ma come si fa, con tutti quei danari che spendono? Come le cinquantenni con i pantaloni a vita bassa. L’unica che mi va è la Pennetta: bella lei, e semplici, eleganti i completini che indossa. Mica come le sorelle Williams… Allora meglio le tute dei piloti di F.1, o le divise del football americano».
Allenamenti? «Ho la fortuna di vivere in campagna. Tutti i giorni da mezzogiorno alla una scendo nel mio bel giardino, che curo io. Corricchio, faccio flessioni sulla panchina, un lancio con il giavellotto. Cinque minuti di tennis contro il muro, dieci servizi. Da maggio a settembre venti minuti di nuoto. Sono stato campione italiano dei 50 dorso: over 80, si capisce». Tortelli ai funghi, cotoletta, vino. Spunta una sigaretta. Ma gli atleti Master fumano? «Io fumo perché sono uno stronzo. L’ho anche suggerito a quelli della ricerca sul cancro: fate un bel cartellone con una cacca calda fumante e la scritta: sei uno che fuma? Sei uno stronzo”. La pozione che allunga la vita si chiama autoironia: «Come diceva Voltaire: la vità è così, guai a prendersi sul serio».
Ciao Missoni, è stato un piacere.
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