Vettel batte le POLEmiche

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«Addio mia cara pole. Ci samo tanto amati, ma ormai non mi servi più. O almeno non servi più a tanto, visto che le gare le vinco lo stesso. Ti lascio ai tuoi nuovi corteggiatori, meno veloci di me ma illusi di potermi battere perché sono riusciti a sedurti una volta tanto. Io, come hai visto a Sepang, ti sono sempre affezionato, ma non posso più giurarti fedeltà eterna. Siamo stati bene insieme, e se ricapiterà l’occasione un giretto veloce con te me lo farò molto volentieri. Ma tu sentiti pure libera, non aspettarmi. E ricorda, se vuoi, gli attimi fuggevoli in cui siamo stati felici insieme. Firmato, tuo carissimo Sebastian». (li altri articoli sul GP del Bahrain su Italiaracing)

La letterina alla pole perduta senza troppi rammarichi Sebastian Vettel avrebbe potuto firmarla domenica sera, e appicicarci sopra un bel francobollo del Bahrein. In Cina la scelta di sacrificare le qualifiche alla gara non aveva pagato, per vari motivi, ma la cavalcata vincente a Shakir è una prova che con queste gomme la corsa senza se e seza ma alla prima posizione in griglia ormai non è più così necessaria. Conta molto di più azzeccare il sudoku delle mescole e la strategia più astuta, che puntare tutto sul Risiko del sabato. Vi ricordate Jacky Ickx che ai tempi della partenza lanciata alla 24 Ore di Le Mans si avvia con flemma assoluta verso la macchina mentre tutti si dannano per partire un secondo prima, e poi li ripassa sereno vincendo la gara? Ecco, mutatis mutandis, una roba del genere.

Certo, domenica pomeriggio il tri-campeon in partenza ha dovuto sudarsi la testa della gara, prima incassando un sorpasso felino di Alonso, poi restituendogli l’unghiata a poche curve di distanza, con prepotenza. E se un colpo della strega non avesse bloccato il Drs a Fernando (anche i componenti aerodinamici soffrono di lombalgia?) probabilmente la sua gara sarebbe stata molto più faticosa. Ma la facilità con cui baby-face ha controllato il resto degli inseguitori dà da pensare. «All’inizio mi sono divertito – ha detto dopo l’arrivo – abbiamo fatto un po’ a sportellate, e del resto sapevo che era fondamentale sfruttare le gomme medie e il potenziale della macchina. Ho passato Rosberg e Alonso, che non aveva ancora il problema al Drs, usando bene il Kers, senza giocarmelo tutto sul rettilineo principale, con Fernando alla curva 6, con Nico alla 4. Da lì in poi ho semplicemente gestito la gara. Senza il problema alla Ferrari di Alonso non so come sarebbe finita, però l’anno scorso Raikkonen mi era arrivato più vicino, mentre stavolta mi sono anche rilassato chiacchierando alla radio con il box. Vorrei che andasse sempre così…».

E’ vero che la pole varia d’importanza a seconda di chi se la prende: non a caso il mago tedesco del sabato è stato finora l’unico, in Malesia, a confermare la domenica in gara il risultato ottenuto nelle qualifiche. Rosberg in Bahrain si è esibito in una riuscita imitazione del gambero, e questo sollecita dubbi sia sulla sua condotta di gara sia sul poetnziale reale della Mercedes. Ma è anche vero che vent’anni fa chi partiva primo vinceva nel 70-75 per cento dei casi, mentre oggi siamo scesi al 25 per cento. Se non un inutile ornamento, insomma, la qualifica super è diventata quantomeno secondaria? Secondo Alonso chi punta alla pole si trova penalizzato in gara, e viceversa. «E’ un discorso che vale per tutte le scuderie – analizza Paul Hembery dalla sponda Pirelli – tranne che per Vettel alla Red Bull, infatti Webber è rimasto bloccato nel traffico. Poi dobbiamo aspettare i prossimi circuiti, a Barcellona di gare noiose ce ne sono state tante, e a Monte-Carlo partire davanti resta importante».

Intanto Vettel si gode la sua capacità di vincere in entrambe le maniere, con e senza pole. Dopo i veleni cinesi la Red Bull era sprofondata in una crisi umana che però non ha intaccato le prestazioni e la sicurezza da Cannibale di Seb, un campione evidentemente impermeabile ai sensi di colpa. Webber i dispiaceri di Shanghai li ha curati andandosene a cena con Alonso, Vettel i suoi pasti li consuma da solo. E non importa se lì davanti c’è un po’ di coda. Tanto lui, in un modo o nell’altro, è abituato a passare davanti.

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