Vettel vs Webber, la guerra (in)civile

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Lo sguardo di chi 15 minuti prima avrebbe fatto volentieri a cazzotti e una sola domanda sulle labbra. «Multi 21, uh?». Una domanda in codice, quella di Mark Webber, tanto per non farsi capire troppo dalle telecamere ficcanaso piazzate nel retropalco prima della premiazione. Preoccupazione da gentleman, e da professionista. Ma inutile: il codice dipinto sulle facce di Adrian Newey e Sebastian Vettel diceva più di un intero manuale di decrittazione. Imbarazzo, senso di colpa, vergogna. Newey che stira un sorrisino, ma si capisce benissimo che sta chiedendo a Vettel cosa gli è passato per la testa. E Vettel con l’espressione del ragazzino che sa di averla fatta grossa, che vorrebbe chiedere scusa, anzi, che ci prova anche, ma che capisce in fretta che non è aria (sul magazine online di Italiaracing altri servizi sul GP di Malesia).

E poi fuori, ciascuno per conto suo, separati sul podio, a spartire sorrisi che sembrano paresi e spruzzi di champagne che stavolta si infilano gelati lungo il collo. E’ stata una giornata trionfale quella di Sepang, per la Red Bull, una doppietta da celebrare, ma l’allegria è piena di crepe.La mossa di Vettel, che al 46esimo giro se ne è infischiato degli ordini di squadra, della sicurezza sua e del compagno di squadra e lo ha infilato passando a qualche centimetro dal muretto, lottando gomma contro gomma quando dal box era arrivato l’ordine di congelare le posizioni, ha riaperto vecchie ferite, sparso nuovi veleni.«Sono disgustata, ma almeno adesso è chiaro chi è l’uomo squadra», dice Ann Neal, la fidanzata di Webber, sventagliandosi matronale verso il box.

«Dopo l’ultimo pit-stop il team mi ha detto che la gara era finita e di ridurre la potenza del motore fino alla fine del GP», sibila Webber. «Anch’io avrei voluto giocarmela sino alla fine, ma il team aveva deciso di confermare quello che ci eravamo detti prima della gara: gestire le gomme e portare la macchina alla fine. Così dopo aver chiesto due volte conferma ai box ho messo il limitatore al motore e mi sono messo a controllare le gomme, ma di colpo mi sono ritrovato in lotta. Sebastian ha deciso per conto suo, e ora lo proteggeranno, come capita sempre. Non sono affatto contento di come è finita la gara oggi».

Parole come pietre. Che fanno riaffiorare i lividi del famoso scontro fra lui e Vettel al GP di Turchia del 2009, e le tante (supposte) ipocrisie del management Red Bull. Che in pubblico sostiene le pari opportunità fra i suoi driver, ma nella realtà – Helmut Marko in testa – un occhio di riguardo per Seb ce l’ha sempre. A metà gara del resto il tedesco aveva ordinato al muretto di agire. «Mark è troppo lento, toglietelo di mezzo». Chris Horner gli aveva risposto picche, e Vettel si è fatto giustizia da solo.

«E’ una sciocchezza», gli ha ribadito il team principal appena dopo il fattaccio, ma come ha fatto notare con amaro sarcasmo Webber, «non possiamo spingere il bottone del rewind». E chissà se al di là delle spiegazioni, delle scuse, delle facce di cemento esibite, alla Red Bull qualcuno vorrebbe davvero spingerlo. Ritrovarsi con Webber sul gradino più alto del podio, ma con Vettel chiaro candidato “interno” per la rincorsa al quarto titolo, sarebbe stato più onesto, ma forse un tantino scomodo. E probabilmente all’interno del team ci sono due correnti di pensiero – due fazioni, se volete. Quella che sostiene che Vettel va comunque privilegiato e quella che è convinta che dopo tanti anni di onorato e leale servizio, a Webber non vadano imbrigliati i sogni.

Alla vigilia la Red Bull si era ritrovata alle prese con il problema della RB9 “mangiagomme”, ma in gara, grazie al suicidio di Alonso, ai problemi di Button, al passo indietro delle Lotus – e ai pit stop perfetti del team – tutto si era messo al meglio.  «Sfortunatamente a volte gli interessi del team non coincidono con quelli dei piloti», ha esalato con fatalismo Horner. «Sebastian ha scelto di prendere la gara in mano, per fortuna ha compiuto una manovra pulita, ma certamente ciò che è accaduto è frustrante, non avrebbe dovuto accadere. E’ qualcosa di cui del resto Vettel si è scusato e di cui discuteremo al nostro interno».

Le gomme sporche vanno lavate in famiglia.

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