L’italia sfida Twickenham. E Wiggins

Italia Inghilterra

Il Giardino è prensile. Twickenham ti afferra, ti scuote, ti ribalta. Ottantamila anime, un canto, «swing low, sweet chariot», e la scritta che negli spogliatoi ammonisce chiunque si appresti a calpestare il sacro suolo: «Qui nessuno è benvenuto». Solo scortesie, per gli ospiti.

Oggi pomeriggio il nessuno di turno è un’Italia infragilita dalle due partitacce contro Scozia e Galles, arrivate dopo il successone contro la Francia nella prima giornata del Sei Nazioni, e la missione azzurra – vincere dove abbiamo sempre raccattato lividi e magoni – sembra impossibile più che mai. Contro gli inglesi abbiamo perso 18 volte su 18, 8 a Twickenham dal 1991. In vent’anni abbiamo quasi colmato il gap in casa e gli scarti degli ultimi tre incontri (4, 5 e 4 punti) stanno lì a dimostrarlo. Nel giardino di Twickenham invece entriamo sempre imtimoriti. E regolarmente ne usciamo demoliti.

«Non dovremo fare l’errore di guardarci intorno, come spettatori incantati », ammette Sergio Parisse, che torna in campo dopo la riduzione della squalifica che gli è costata l’esclusione contro il Galles. «Anche se non credo sia lo stadio che ci blocca: sfidare l’Inghilterra in casa sua è dura per tutti. Abbiamo poche possibilità di spuntarla, ma alla squadra ho detto che sarà l’occasione perfetta per entrare in campo e giocare la miglior partita del torneo senza subire Twickenham. Perché se ricadiamo negli errori commessi contro Scozia e Galles, stavolta rischiamo di farci davvero male».

Sia il ct dell’Italia, Jacques Brunel, sia quello inglese Stuart Lancaster, hanno fatto una manciata di cambi. Noi pensiamo già al match di sabato prossimo contro l’Irlanda, loro a quello con il Galles e al possibile Grande Slam. Lancaster, nomen omen, però ha a disposizione una Rosa più fresca. Una squadra giovane, che oggi dovrà fare a meno del 22ene fenomeno Owen Farrell all’apertura, ma che può accartocciarci con l’organizzazione di gioco, il talento e la potenza fisica. I Bianchi hanno centri devastanti come Tuilagi e Barritt, e sono probabilmente la squadra meglio preparata dell’emisfero boreale. Merito di allenamenti mirati, variati, tecnologici. Gps per registrare ogni spostamento, partitelle feroci di rugby a 13 per sviluppare velocità, gioco alla mano e resistenza cardiaca. E la consulenza del guru dello ciclismo britannico Matt Parker, lo scienziato dello sport ossessionato dai dettagli che fra il 2008 e il 2010 ha creato la squadra olimpica capace di dominare a Pechino e a Londra, l’ideatore della dieta che ha permesso a Bradley Wiggins di sbancare il Tour de France.

Non a caso proprio Wiggins è stato chiamato a intervenire come motivatore al camp autunnale della nazionale. «La nostra forza – spiega il mediano di mischia Ben Youngs – è che negli ultimi 20 minuti della partita, quando l’avversario inizia a bocchegiare, possiamo spingere ancora». Twickenahm come il Tourmalet. L’importante per chi insegue, oggi, è evitare la cotta.

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