Parisse, addio al Sei Nazioni. Ma è giusto?

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Per il resto del Sei Nazioni l’Italia dovrà fare a meno di Sergio Parisse, il capitano e trascinatore degli azzurri. Domenica scorsa durante il match di top-14 (il campionato francese) fra lo Stade Francais e il Begles-Bordeaux l’arbitro Laurent Cardona ha espulso il n.8 della nazionale italiana e dello Stade, accusandolo di averlo insultato. Parisse ha negato subito e con decisione, insistendo che si trattava di un equivoco, che lui non aveva detto “niente di particolare” (come ha poi riferito a Castrogiovanni), e che se di insulto si trattava era arrivato da un suo compagno di squadra inglese.

Nisba, la commissione disciplinare della Lega francese non gli ha creeduto e ieri ha deciso per una squalifica di 40 giorni, con 10 di condizionale. Nel rugby chi viene sospeso dal club non può giocare neanche in nazionale (e viceversa) quindi bye bye Sei Nazioni. «This is not soccer», come ripete il mantra di Nigel Owens. Parisse potrà tornare in campo solo il 18 marzo e salterà sia il match di sabato con il Galles, sia quelli del 10 marzo a Twickenham con l’Inghilterra e del 16 con l’Irlanda a Roma.

Non è andata neanche male, considerato che per una infrazione del genere – gravissima nel rugby, che non è il calcio – Sergio rischiava un anno di sospensione, e ha rimediato il minimo. Restano però un paio di riflessioni. secondo Cardona il capitano lo avrebbe insultato in inglese, che è la quarta lingua di Parisse dopo l’italiano, lo spagnolo (è nato in Argentina) e il francese (vive in Francia e ha sposato una francese). Perché? E poi  40 giorni per una parola di troppo a fianco delle 3 settimane inflitte dall’ Irb (la federazione internazionale) all’irlandese Cian Healy per un pestone da codice penale all’inglese Cole, non sono un po’ tante?

Qualcuno nell’ambiente fa capire che Parisse non è amatissimo dagli arbitri, che “parla troppo” in campo, insomma che forse qualcuno gliel’ha tirata. Un capro espiatorio: colpire lui per educarne altri cento. E’ verissimo che il bello del rugby sta anche nella disciplina, nella mancanza di scenate, nel rispetto per l’arbitro, tutte cose che tengono l’ovale distante dagli insopportabili teatrini calcistici. Parisse però, anche ammesso che abbia detto qualcosa di irrispettoso, non lo ha fatto platealmente, cercando il confronto con l’arbitro, mentre il fallaccio di Healy era di quelli che possono spaccare una tibia e frantumare una carriera. Cosa è più grave, nello sport, e ancor più nello sport professionistico nel quale il capitale più importante degli atleti è la loro integrita fisica? Meditiamo.

«C’è molta amarezza – ha commentato intanto Giancarlo Dondi, ex presidente della Fir e membro dell’Irb – io sono convintissimo che Sergio non abbia insultato Cardona. Non è uno che dice bugie, può darsi ci sia stato un fraintendimento. Nel rugby però l’arbitro ha sempre ragione. Non pensiamo quindi che si tratti di una vendetta francese dopo la sconfitta nel Sei Nazioni, e non fasciamoci la testa più del necessario». Parole sagge. Per parare il colpo Brunel già lunedì aveva convocato Mauro Bergamasco, probabile che sabato al posto di Parisse in partenz venga schierato Vosawai al n.8. I gallesi, che avevano definito Parisse «il nemico n.1, l’uomo da fermare» gongoleranno. Per l’Italia, che dopo il colpaccio con la Francia e la delusione di Edimburgo sperava in un Sei Nazioni storico, ora diventa davvero dura.

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