Il Benfica del 1972, il mitico Ferencvaros di inizio anni ’30. E poi il Milan, lo Steaua Bucarest, l’Arsenal. E la Juve l’hanno scorso. Nel calcio le squadre imbattibili sono state tante, la meno conosciuta e più imbattibile di tutte probabilmente lo Sheriff di Tiraspol, in Moldavia, che ha vinto dicei campionati di fila fra il 2001 e il 2010, non perdendo nemmeno un match nel 2006 e nel 2007.
Nel football americano i New England Patriots sei anni fa l’impresona l’hanno mancata per 35 secondi. Diciotto partite vinte fra regular season e play-off , e 14-10 contro i New York Giants a meno di un minuto dalla fine del 42esimo SuperBowl. La stagione perfetta, lì a un passo. A rovinare tutto a Tom Brady e alla squadra più vincente degli ultimi anni è arrivata un passaggio vincente e beffardo di Eli Manning, il quarterback di New York, a mezzo giro d’orologio dal trionfo. 17-14, puff, sogno svanito.
Il sogno di tutti gli sportivi: l’imbattibilità. Una giornata, una gara, una stagione, un’intera carriera senza sconfitte. Sentirsi, essere i migliori. Senza discussione. Annullando gli avversari. In altre parole: la perfezione. L’imbattibilità che a volte può travestirsi da sentimento. «Parlo volentieri con Tiger Woods – disse qualche anno fa Roger Federer – perchè lui sa cosa significa sentirsi invincibili». Ma l’imbattibilità vera è fatta di numeri. Di risultati. Di dati oggettivi. Nel Football americano gli unici capaci di concludere una stagione con tutte vittorie sono stati i Miami Dolphins, nel 1972. Allora si giocavano 14 partite di stagione regolare, con play off e finale arrivarono a 17, una meno dei Patriots. Nel baseball americano solo 17 lanciatori, in 130 anni, hanno completato un “perfect game”, ovvero una partita senza concedere una sola battuta valida agli avversari. Tanto per dire: sono stati di più gli astronauti che hanno orbitato attorno alla Luna.
Nel tennis Suzanne Lenlen, la Divina degli anni ’20, arrivò a un soffio da un’impresa oggi inconcepibile. In tutta la sua carriera da dilettante perse solo un match – secondo i suoi più fervidi ammiratori neppure quello… -, il singolare giocato prima dei Campionati degli Stati Uniti del 1921 contro Molla Mallory. Lasciato malamente il primo set all’avversaria, la Lenglen si ritirò all’inizio del secondo, fra colpi di tosse e lacrime, sostendendo di essere malata. Commedia o realtà? Di certo c’è che fino al 1926, l’anno in cui passò fra i professionisti, Suzanne non perse più.
Dove la Lenglen fallì di poco, riuscì trent’anni più tardi un pugile, uno degli immortali della nobile arte, Rocky Marciano, grandissimo campione dei pesi massimi. Forse l’unico, vero imbattibile nella storia dello sport: 49 match vinti a 0 fra il marzo 1947 e il settembre 1955. Figlio di due immigrati italiani, mamma Pasqualina di Benevento, papà Pierino di Chieti, il suo vero nome era Rocco Francis Marchegiano. Un match, uno solo, lo lasciò per strada da dilettante. Poi nonostante il fisico tarchiato e lo scarso allungo, ma grazie ad un destro devastante che gli valse il soprannome di Brockton Blockbuster, il bombardiere di Brockton, non abbassò più i guantoni, conquistando fra l’altro 43 match per k.o. Morì poi tragicamente, nel 1969, cadendo con il suo jet privato durante una tempesta: contro la Grande Nemica non la spunta nessuno.
Alì e Tyson non hanno neppure sfiorato il suo record, che invece quasi eguagliò Larry Holmes (48), prima di farsi superare da Michael Spinks. Ivan Lendl, un altro numero uno del tennis, per tutta la vita ha inseguito la stagione perfetta, senza macchie. Ad avvicinarsi di più al Graal è stato però il suo grande rivale, John McEnroe: 82 partite vinte su 85, nel 1984. La più lunga striscia vincente spetta a Bjorn Borg Vilas, con 49, Chris Evert ne vinse 124, e Nadal 81, ma solo se si considera la terra battuta. Nel calcio italiano gli “imbattibili” per antonomasia sono quelli del Milan di Sacchi – 80 partite senza mai una sconfitta – ma nel pallone, come in tutti gli sport di squadra, le lunghe strisce vincenti non sono rare: la più lunga appartiene a una squadra africana, l’Asec Abidjan (Costa d’Avorio) con 108 partite utili, seguono lo Steaua Bucarest (104) e la tunisina Esperance (85). Se consideriamo la F.1, la McLaren nel 1988 sfiorò l’en-plein: con i suoi due fuoriclasse Ayron Senna e Alain Prost vinse 15 dei 16 Gran Premi in programma, fallendo solo a Monza dove Schlesser, ormai doppiato, buttò fuori pista Senna. Nella pallanuoto, difficile far meglio della Pro Recco, che nel campionato italiano rimase imbattuta per 153 partite, dal 1965 al 1973
Le imprese che fanno più sensazione restano però quelle puramente individuali. A parte i sette Tour de France vinti dall’imbroglione del Millennio, Lance Armstrong, a fianco dell’intrattabile Marciano ecco allora allinearsi gli otto ori di Michael Phelps ai Giochi di Pechino nel 2008, i sette ori (e sette record mondiali!) di Mark Spitz alle Olimpiadi del 1972, gli undici tornei PGA vinti nel golf da Byron Nelson nel 1945, le 27 gare consecutive festeggiate a champagne nella NASCAR dal driver yankee Richard Petty, i cinque campionati del mondo di F.1 di Michael Schumacher con la Ferrari (2002-2004), i nove mondiali consecuti della’alsaziano Sébastién Loeb nei rally (2004-2012), o ancora i 555 match consecutivi portati a casa fra il 1981 e l’86 da Jahangir Khan, il Federer pakistano dello squash, un record assoluto per qualsiasi sport individuale.
E soprattutto i quasi dieci anni di imbattibilità di Edwin Moses. Il re nero dei 400 metri a ostacoli perse la sua quarta gara della carriera il 26 agosto 1977 a Berlino, battuto sul traguardo da Harald Schmid. Poi, fino al 4 giugno 1987, quando cedette a Danny Harris a Madrid, inanellò la bellezza di 122 vittorie (107 finali), condite da due record del mondo, tre Coppe del Mondo, due Mondiali e una medaglia d’oro olimpica.
Una dimostrazione di superiorità quasi aliena, alla quale si possono avvicinare le 13 stagioni (con tre ori olimpici) senza sconfitte di Alexander Karelin, l’Orso della Siberia, il più grande lottatore di tutti i tempi, e le grandi imprese di Ingmar Stenmark, il più grande sciatore di sempre. “Ingo” fu infatti capace di vincere tutte le gare di slalom gigante nelle stagioni 1977/1978 (7 su 7) e 1978/1979 (10 su 10). Infine, se vogliamo, forzando un po’ considerare gli infortuni come l’avversario in assoluto più pericoloso di uno sportivo, il record spetta sicuramente a Cal Ripken, il grande lanciatore di baseball americano: 2632 parite senza mai marcare visita fra il 1982 e il 1998. Inarrestabile, anche per il raffreddore.
Ma caro carissimo, che dire della Pro Recco, che nel campionato italiano di pallanuoto rimase imbattuta per 153 partite, dal 1965 al 1973?
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Grazie di avermelo ricordato, aggiungo immantinente: CDS è un work in progress. Ma come capirai non posso metterli tutti sennò mi serve un libro. Che forse sarebbe un’idea…