Tempi duri per lo sport spagnolo. Anzi, per lo sport e basta. La settimana prossima inizia il processo a Eufumiano Fuentes, il mago del doping al centro della ormai strafamosa Operation Puerto” e l’inglese Daily Telegraph fa da eco alle feroci accuse della Wada, l’organizzazione mondiale antidoping. Insieme a Fuentes, secondo il quotidiano inglese, andrà sul banco degli imputati il governo spagnolo, colpevole all’epoca (2006) di aver coperto le star dello sport spagnolo – di cui peraltro non vengono fatti i nomi – opponendosi al lavoro dei detective della Wada dopo che nello studio di Fuentes era stato scoperto un giacimento di sacchettini di sangue da utilizzare per pratiche illecite, tutti etichettati con nomi in codice che corrisponderebbero a calciatori, anche della Liga, tennisti e giocatori di pallamano. Chi sono “Bella”, “Son of Ryan” e “Zapataro”? Cinquantaquattro ciclisti vennero coinvolti nell’Operation Puerta, a rimetterci l’onorabilità furono campioni come Tyler Hamilton, Ivan Basso e Jan Ullrich, che vennero sospesi. «Ci è stato detto che i pazienti trattatati da Fuentes – ha dichiarato al Telegraph Dave Howman, l’attuale direttore generale della Wada – gareggiavano in diversi sport, è spiacevole che il ciclismo sia stata l’unica disciplina colpita».
Ancora più esplicito Jorge Jaksche, uno dei ciclisti beccati con le mani nel sacchetto rosso. «Sicuramente ci sono altri sport implicati, quando Fuentes ne parlava ne era molto orgoglioso. Se guardate i video dell’operazione di polizia vederete gli agenti che aprono i frigoriferi e ne estraggono sacchetti pieni di sangue. Avevano sicuramente dei nomi in codice scritti sopra che identificavano gli atleti, ma questi nomi non appaiono mai nei rapporti e io penso che sia per causa di una grande operazione di copertura del governo spagnolo. Nelle alte sfere non c’era interesse che venissero rese pubbliche molte informazioni al riguardo».
Trattasi di questioni già note, ma il bang mediatico è l’accusa diretta ad un governo nazionale. «Abbiamo sbattuto la testa contro un muro nel tentativo di avere accesso alle prove che erano state accolte – continua Howman – e non solo questo è frustrante e deludente, ma significa anche che a molti atleti potenzialmente “sporchi” è stato consentito di gareggiare». Dopo la confessione in mondovisione resa da Lance Armstrong a Oprah Winfrey, e il boomerang di pesantissimi commenti, anche da parte di atleti di vertice come Djokovic («Armstrong è una disgrazia per lo sport, è giusto che soffra per quello che ha fatto»), la questione doping è diventata all’improvviso bollente. E più che le colpe dei singoli atleti giustamente sono i crolli, le connivenze, i guasti del sistema che preoccupano. Moltissimo.
Se, come ha detto Serena Williams, il caso Armstrong è letale perché toglie credibilità a tutto lo sport, non solo al ciclismo, le accuse all’Uci di aver coperto per anni le magagne del texano sono ancora più pesanti e inquietanti. Figuriamoci se fosse provato che persino il governo di un Paese fra l’altro importante come la Spagna risultasse colpevole di aver sopito, troncato, insabbiato casi di doping. Lo sport ne uscirebbe devastato. Per questo è bene non tacere sulla vicenda, ma implorare anche che le accuse e le eventuali condanne vengano sostenute da prove reali, e che non si scada nell’ipocrisia e nella caccia alle streghe. La trasparenza è un valore. La ricerca del capro espiatorio, no.
credo che anche la nazionale di calcio spagnola abbia avuto contatti con il dott, fuentes perche’ a parere mio corrono il
doppio degli altri
Il doping è un argomento spinoso e delicato: i sospetti sono tanti ed è tanto facile sospettare. Ma fino a quando non esistono prove certe le accuse restano veleni e rischiano di colpire atleti innocenti. A pensar male si fa peccato ma spesso ci si prende, come diceva Giulio Andreotti, ma fino ai verdetti mi limiterei a pensare, appunto…