Il calcio vince – nonostante i debiti – il football americano domina, la Ferrari tiene alto l’onore del Made in Italy. Non sono Olimpiadi sui generis e nemmeno una graduatoria di ascolti tv ma la classifica, stilata da Forbes, delle 50 società sportive con il maggiore valore commerciale del mondo. Un ranking che al primo posto vede il Manchester United, con 2,23 miliardi di dollari, seguito dal Real Madrid (1,88) e dai New York Yankees di baseball, ma che accoglie comunque tutti i 32 team della Nfl, la lega professionistica del football – a partire dai Dallas Cowboys, quarti a un soffio delle “merengues” (1,85).
Nella top-10 si piazzano anche altri due club calcistici, il Barcellona all’8° posto e l’Arsenal al 10° (solo 45esimi i campioni d’Europa del Chelsea), il primo e unico degli italiani è il Milan, 27esimo, ma a risollevarci ci pensa la Rossa, 15a assoluta e prima in F.1 con un valore stimato di 1,1 miliardi, ovvero il 3 per cento in più rispetto allo scorso anno. E’ l’Italia che continua ad accelerare, alla faccia dello spread: la Germania almeno qui, rosica.
La performance della Ferrari, secondo Forbes, è dovuta all’estensione dei contratti di sponsorizzazione con il gruppo bancario Santander (52 milioni di dollari all’anno) e con la Marlboro (500 milioni di dollari per tre stagioni), che valgono a Maranello ben 25 posizioni di vantaggio – sulla griglia di un GP sarebbe un k.o. – sull’arcirivale McLaren, 40a e in flessione a causa del ventilato disinpegno del “main sponsor” Vodafone e dell’addio di Lewis Hamilton.
Letti i numeri, ci si può fermare un attimo a riflettere sui criteri utilizzati da Forbes per stilare la sua “list”. In cima c’è infatti un club di popolarità assoluta, che è in grado di raccogliere 31 milioni di dollari all’anno dallo sponsor Aon (assicurazioni), che compare sulla maglia da gara, e 62 (ma per 4 anni), dalla Dhl, che figura su quelle d’allenamento, oltre al minimo garantito di 39 milioni di dollari annui dalla Nike per gestire il merchandising. Ma che è anche pesantemente indebitato: ben 423 milioni di sterline (oltre 660 milioni di dollari) secondo le stime dello scorso luglio. Un passivo che sta convincendo i vertici dello United a quotarsi sulla Borsa di New York nel tentativo di ricavare almeno 100 milioni di dollari dalla vendita delle azioni e ripianare così parte del debito. E non è che i colleghi del Real stiano tanto meglio.
Detto questo, impressionano le quotazioni del football, merito di una gestione lungimirante della Lega imperniata soprattutto sui nuovi contratti televisivi che per nove stagioni porteranno nelle casse della Nfl un totale di 5 miliardi di dollari all’anno (1,04 in media a franchigia). Dalle tv proviene anche il saldo positivo dei “Lakers” di Kobe Bryant, 35esimi e primi del basket, che hanno alzato da 35 a 200 milioni di dollari l’accordo con la Time Warner Cable. La conferma che nello sport moderno è fondamentale investire sull’impianto e sul territorio la forniscono invece gli “Yankees” del baseball (330 milioni all’anno dal botteghino) e i Dallas Cowboys del football che ogni anno ricavano 160 milioni – fra posti di lusso e sponsorizzazioni – dal loro stadio da 110 mila posti.
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